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Impeachment, i dem a caccia di voti

Trump grida al golpe. Ma l'ex portavoce: il suo ego sconfitto pensa a un successore

Impeachment, i dem a caccia di voti

New York I democratici hanno compattato le fila e sembrano decisi a votare l'impeachment di Donald Trump alla Camera. Solo due deputati hanno sinora affermato che non approveranno la messa in stato di accusa del presidente americano, anche se rimane da vedere cosa faranno quelli eletti in stati pro-tycoon, consapevoli che dare luce verde potrebbe costargli la rielezione. Per il via libera comunque servono 216 voti sui 233 seggi dem, e dovrebbero essere più di 17 i contrari per bocciare la misura. Mentre tra i 197 repubblicani, sembra che nessuno voterà a favore. Ieri la commissione «regole» della Camera si è riunita per definire i parametri del dibattito previsto nelle prossime ore in sessione plenaria sui due articoli di impeachment contro Trump. Dibattito che dalle attese sarà infuocato. Gli articoli da approvare - per cui basta la maggioranza semplice, e i democratici sono certi di averla - sono due: abuso d'ufficio e ostruzione del Congresso per l'Ucrainagate, ossia le pressioni dell'inquilino della Casa Bianca su Kiev per far indagare il suo rivale Joe Biden, oltre al blocco di testimoni e documenti nell'indagine. Trump, da parte sua, oggi terrà un comizio a Battle Creek, in Michigan, uno degli stati decisivi per la sua rielezione, e porta avanti la sua battaglia su Twitter, sparando a zero sui democratici e in particolare sulla speaker della Camera, Nancy Pelosi. Le ha scritto una lettera infuocata accusando i dem di voler «sovvertire la democrazia». Ma prima ancora del via libera della Camera è già scontro al Senato, dove dal 6 gennaio dovrebbe cominciare la nuova fase del processo, presieduto dal capo della corte suprema John Roberts (nominato da George W. Bush). Il leader della minoranza dem, Chuck Schumer, ha chiesto l'acquisizione di nuovi documenti e l'audizione di almeno quattro testimoni, tra cui l'ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton e il capo di gabinetto di Pennsylvania Avenue, Mick Mulvaney. A suo parere, un giusto processo di impeachment consentirebbe ai senatori di acquisire tutti i fatti rilevanti. La sua proposta, però, è già stata bocciata dal leader dei repubblicani, il senatore Mitch McConnell. «Non è compito del Senato cercare disperatamente il modo per arrivare ad una condanna», ha spiegato: «Se il caso dei dem alla Camera è carente, la risposta non è che il giudice e la giuria rimediano in Senato», ha aggiunto. Trump, comunque, guarda oltre, sicuro di essere assolto come avvenne per Andrew Johnson nel 1868 e per Bill Clinton nel 1998 (Richard Nixon si dimise nel 1974 prima del voto della Camera). A tracciare uno scenario controcorrente, però, è l'ex capo della comunicazione della Casa Bianca, Anthony Scaramucci, licenziato dal tycoon dopo soli 11 giorni in carica. A suo parere, l'umiliazione di essere messo in stato d'accusa dalla Camera sarà una botta per la personalità di Trump, e ad un certo punto potrebbe decidere di farsi da parte. «Non credo che potrebbe dimettersi come Nixon, ma potrebbe passare il testimone alla nuova generazione di repubblicani, come l'ex ambasciatrice all'Onu Nikki Haley, o qualcuno dei senatori o governatori», ha detto Scaramucci nel corso di un pranzo del Gei (Gruppo Esponenti Italiani) a New York. Precisando che «i sondaggi secondo cui ad esempio il 54% degli americani vogliono l'impeachment sono disastrosi per Trump».

E se le proiezioni peggiorassero, a suo parere, The Donald potrebbe voler evitare di essere battuto da rivali come Joe Biden o Michael Bloomberg, e decidere di dire: «ho fatto tornare l'America grande, adesso tocca alla nuova generazione».

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