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Da incapace a santa I voltafaccia sulla Raggi

Da Di Maio alla stampa amica degli M5s: tutti l'avevano scaricata, ora la festeggiano

Da incapace a santa I voltafaccia sulla Raggi

Roma - Non tutti sono signori come Vittorio Di Battista, papà del subcomandante Alessandro, che pontifica dal Centroamerica. «Vicini e lontani, amici, nemici, fratelli e casseouli (sic) - aveva detto Di Battista senior dopo l'assoluzione della Raggi, imitando uno dei proclami di Totò -: prendetelo nel c...!».

E nessuno, neppure, ha la faccia tosta di quel segretario romano del Pd, Andrea Casu, che arditamente ha «salutato come garantista l'assoluzione in primo grado di Virginia Raggi». Tanto per restare nella lingua da Taverna (Paola), si converrà che «chi, fino a ieri, non ha fatto altro che insultare, screditare e cercare sporcizia anche laddove non c'è, oggi si guardi allo specchio...». Il primo potrebbe essere persino il comandante Di Maio che, a poche ore dal verdetto, faceva registrare un'inflessibile dichiarazione: «Se condannata, la Raggi dovrà dimettersi»: un messaggio della capitolazione, e della presa di distanza. Di sicuro freddezza stridente con la gioia post-assolutoria: «Forza Virginia, ho sempre creduto in te!».

Roba da non credere. Come, forse, le dichiarazioni fuori dai denti del nume 5S, Beppe Grillo, che nei giorni più bui avrebbe confidato a Vittorio Sgarbi, tra il serio e il faceto: «Guarda, dobbiamo difenderla... ma è una depensante, una totale depensante». Ovviamente, un abbraccio alla Depensante assolta non si nega, e Beppe glielo ha inviato via Twitter, riconoscendo che «ha ricevuto abbastanza discredito e calunnie». Dai giornalisti avvoltoi e puttane, come dicono da due giorni i capi del Movimento? Può darsi, ma pure dal Movimento stesso e dai giornali che suonano a Di Maio e compagni la grancassa ogni mattina. Per dire: il condirettore del Fatto quotidiano, Antonio Padellaro, arrivato a dichiararsi più volte deluso, delusissimo della sindaco di Roma e giunto ad appellarsi ai giudici in questo modo pietoso: «Datele quest'ultima chance... perché l'ho votata e non vorrei sentirmi un coglione».

Dato a Cesare quel che è di Cesare, c'è da dire che anche Marco Travaglio e Maurizio Belpietro, dai loro pulpiti occhieggianti, da ieri trattengono poco la felicità per la loro Santa Virginità confermata al Campidoglio. Lei ricambia, con ugual pariglia e faccia tosta, verrebbe da dire, visto che ha sentito e ringraziato tutti quelli che in questi mesi l'hanno trattata da sciacquetta: i vertici del M5S, Salvini e persino Renzi. Ex leader pd sospettato addirittura d'aver orchestrato l'aggressione politco-mediatica alla sindaca di Roma tramite giornaloni, romani e non, in quanto anello debole della specie. Eppure anche l'alleato leghista non era certo tenero, con la prima cittadina tacciata d'incapacità, ma ieri ha tenuto a spiegarle che non c'era Opa sul Campidoglio. Poltrona di sicuro contesa all'interno dei 5S dall'acerrima nemica Lombardi, che su Virginia ne ha dette sempre di cotte e di crude. Ieri il suo sms trasudava voltafaccia: «L'assoluzione, un'opportunità per voltare pagina e procedere con rinnovato impulso...».

A Roma lo definiscono in modo aulico: paraculismo.

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