Politica

Industria, cala il fatturato E sulle pensioni flessibili il governo non sa che fare

Secondo l'Istat tra aprile e maggio ricavi scesi dell'1,1%. Il braccio di ferro coi sindacati sull'Ape

È sempre più difficile per il governo Renzi far quadrare i conti in vista della prossima legge di Bilancio (nuovo nome della Stabilità). Da una parte, i dati resi noti ieri dall'Istat su fatturato e ordini dell'industria e sulle vendite al dettaglio non inducono all'ottimismo sull'evoluzione della crescita nel secondo trimestre. In secondo luogo, il confronto con il sindacato sulle pensioni ha troppi fronti aperti (dall'anticipo pensionistico all'estensione della «quattordicesima) difficili da controllare vista l'esiguità delle risorse disponibili.

Ma andiamo con ordine. Il fatturato delle imprese italiane, rileva l'Istat, a maggio è calato dell'1,1% su base mensile, mentre gli ordinativi del 2,8%. Non va meglio su base annua. Sempre a maggio, il fatturato totale ha registrato una flessione del 2,7%, con una riduzione del 2,5% sul mercato interno e del 3,0% su quello estero. L'indice grezzo degli ordinativi, invece, ha segnato un -4,2% tendenziale. Questo trend conferma le ipotesi del Centro studi di Confindustria che aveva stimato un forte rallentamento del Pil italiano nel secondo trimestre (+0,15% a fronte del +0,25% precedentemente previsto) anche il fronte interno non regala soddisfazioni. Le vendite al dettaglio a maggio sono cresciute su base congiunturale dello 0,3% in valore e dello 0,2% in volume, ma su base annua si è evidenziata una netta discesa sia in valore (-1,3%), sia in volume (-1,8%).

A questo proposito, la flessibilizzazione dell'età pensionabile dovrebbe rappresentare un mezzo per facilitare nuovi ingressi nel mondo del lavoro, diminuire la disoccupazione e far accelerare la crescita. Il problema è che la spesa per modificare la legge Fornero deve essere contenuta. L'anticipo pensionistico, il cosiddetto «Ape», rappresenta per il governo un meccanismo interessante: dall'anno prossimo uscita anticipata (l'età è attualmente fissata a 66 ani e 7 mesi) per i nati tra il 1951 e il 1953 con penalizzazioni crescenti a seconda dell'assegno ricevuto e prestito pensionistico da banche e assicurazioni restituibile con rate ventennali sul quale lo Stato pagherebbe gli interessi. Inizialmente si era fissato un budget indicativo di circa un miliardo di euro. Ma nel dibattito tra esecutivo e sindacati si sono affrontati altri temi come l'unificazione gratuita dei contributi versati in diverse gestioni: la ricongiunzione, infatti, facilita l'uscita. Inizialmente la spesa dovrebbe essere contenuta a una cinquantina di milioni all'anno visto che la platea dovrebbe essere contenuta a massimo 80mila lavoratori.

Ma nel frattempo, come analizzato sul Giornale di ieri, si sono aggiunte nuove opzioni sul tavolo delle pensioni come l'estensione della «quattordicesima» fino a 13mila euro annui lordi di reddito e l'estensione della no tax area per i pensionati a 8.124 euro. Il costo di questi interventi è di 800 milioni e gli ultimi rumor ipotizzano un taglio delle disponibilità da investire sull'Ape a 600 milioni circa.

In tal caso, però, le penalizzazioni per l'uscita anticipata potrebbero essere più pesanti.

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