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Industria italiana bloccata E il 2019 è da dimenticare

Nei primi 11 mesi dell'anno produzione a meno 1,1% Allarme di imprese e sindacati: servono investimenti

Industria italiana bloccata E il 2019 è da dimenticare

Difficile optare per il bicchiere mezzo pieno, tanto che ieri nessun ministro o esponente di peso della maggioranza ha commentato i dati Istat, nonostante la nota mensile dell'Istituto di statistica abbia dato conto del primo segno più nella produzione industriale dopo due mesi. È la variazione congiunturale di novembre (quindi rispetto all'ottobre del 2019) che ha segnato un più 0,1%. Pesano di più, in tutti i sensi, i segni meno tendenziali, cioè quelli che emergono dal confronto con l'anno precedente. La produzione industriale del novembre 2019, corretta per gli effetti del calendario, è stata inferiore dello 0,6% rispetto a quella del novembre 2018. Ed è il nono calo consecutivo.

La perdita si amplia allo 0,7% se si considera il trimestre - il quarto del 2019 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente - e addirittura all'1,1% se il confronto è tra la media dei primi undici mesi dell'anno appena concluso e lo stesso arco di tempo del 2018.

Il mini recupero sul mese, spiega l'Istat, è «frenato dal forte calo del settore energetico, si manifesta con maggiore intensità nei comparti legati alla domanda di beni, intermedi e strumentali».

Su base tendenziale, sempre al netto degli effetti di calendario a novembre 2019 si registra una moderata crescita esclusivamente per il comparto dei beni di consumo (+0,8%); al contrario, una marcata flessione contraddistingue l'energia (-3,9%), mentre diminuiscono in misura più contenuta i beni intermedi (-1,0%) e i beni strumentali (-0,4%).

Dati nel complesso negativi, che arrivano dopo quelli positivi sul mercato del lavoro diffusi giovedì. Incertezza confermata dall'indicatore anticipare che sintetizza le aspettative sull'economia che «mantiene un profilo negativo, suggerendo il proseguimento della fase di debolezza dei livelli produttivi», ammette l'Istat.

«Motivo per cui dobbiamo reagire», ha commentato il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia che ieri si trovava a Milano, per la firma di un protocollo organizzativo con Confimprese. Secondo Boccia la produzione «resta negativa in chiave globale e i dati previsionali non fanno ben sperare. Ricordiamo che siamo un Paese ad alta vocazione all'export e da questo dobbiamo ripartire». Una possibile risposta per gli industriali è «un grande piano infrastrutturale» che attivi «una grande operazione della cosiddetta politica economica anticiclica per attivare cantieri e incrementare l'occupazione».

Analisi sulla quale concordano anche i sindacati. Quello dell'industria è un «arretramento allarmante», commenta il segretario generale aggiunto della Cisl Luigi Sbarra, secondo il quale c'è «una gestione burocratica e inadeguata degli oltre 150 tavoli di crisi al» ministero dello Sviluppo economico «che vedono coinvolte quasi 300 mila persone».

Il rallentamento non è colpa dell'economia internazionale, spiega Renato Brunetta di Forza Italia: «La crescita della produzione industriale registrata in altri paesi europei mostra come il calo dell'industria sia un fenomeno esclusivamente italiano e (per il momento) tedesco». Lo scrive in una nota Renato

Al momento l'unica ricetta in arrivo è il taglio del cuneo fiscale (cioè la differenza tra il costo lordo del lavoro e il netto che arriva in busta paga ai lavoratori). Ieri il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri ha detto che il provvedimento sarà approvato entro il mese.

Partirà da luglio e sarà di fatto un ampliamento degli 80 euro di Matteo Renzi.

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