Politica

Ingiusto sparare nel mucchio Ora tocca ai vitalizi statali

di Carlo Lottieri

Riflettere sul sistema pensionistico attuale cercando di seguire criteri di giustizia non è facile. L'ordine previdenziale italiano è strutturalmente ingiusto nel momento in cui impone per via coercitiva di «comprare» una pensione di Stato e poi definisce secondo criteri pasticciati e arbitrari quanto ognuno dovrà ricevere una volta che smetterà di lavorare.

Il comunismo è un errore in sé e il nostro sistema pensionistico statizzato è un pezzo di comunismo sotto tanti punti di vista. Quanti sostengono che si debba al più presto smantellare la previdenza pubblica, riconoscendo il diritto di ognuno a disporre del proprio reddito e a farne l'uso (anche pensionistico) che meglio crede, hanno ragioni da vendere. E questo perché in una società libera ognuno destina alla previdenza di sua scelta una quota del proprio reddito: e quanti hanno stipendi d'oro ed è giusto che essi esistano avranno fatalmente pensioni d'oro. Per tale motivo la decisione della Corte Costituzionale di colpire le pensioni più alte non è facilmente difendibile.

È sicuramente vero che molte pensioni sono illegittime, in quanto frutto di privilegi legali e protezioni politiche, ma non ha senso sparare nel mucchio. Si dovrebbe invece individuare queste situazioni e penalizzarle. Si abbia il coraggio di dire, ad esempio, che l'apparato statale per decenni rapina il settore privato e si attribuisce prima stipendi e poi pensioni di livello stratosferico. È evidente che il sistema pensionistico italiano include molte assurdità e moltiplica le ingiustizie. Solo chi è obnubilato da ideologie o dominato da interessi di parte può negare che l'alta burocrazia romana abbia goduto e continui a godere di redditi esageratamente alti, da cui derivano anche trattamenti previdenziali immeritati: quale che sia il metodo utilizzato per definirli.

Si contestino allora le pensioni troppo alte dei pensionati di Stato (magistrati, grand commis, lottizzati alla testa di aziende pubbliche ecc.), ma si lasciano stare le altre. Quelle pensioni vanno abolite non perché sono «d'oro», ma perché sono il risultato di procedure tanto legali quanto ingiuste. Anche quando si vuole fare i giustizieri, insomma, bisogna evitare di colpire nel mucchio: bisogna invece individuare gli arricchimenti illegittimi e porre fine a queste situazioni. La retorica che ha portato ai molti e ripetuti prelievi sulle pensioni d'oro continua a riprodurre un'opposizione tra ricchi e poveri, seconda la quale chi ha più non avrebbe titolo a disporre di quei soldi. Non è così. Non ha senso mettere le mani sulla previdenza di un dirigente d'impresa, solo perché elevata, se negli anni egli ha versato contributi proporzionati. Il contrasto, insomma, non è tra ricchi e poveri, ma tra chi ha redditi anche altissimi sul mercato, e chi invece gode dei benefici della ridistribuzione pubblica.

Nel tentativo di porre una pezza a questo sistema previdenziale impazzito, allora, il prossimo prelievo forzato, per favore, fatelo sulle pensioni pubbliche.

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