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Ingroia assicura: distrutte le intercettazioni tra Napolitano e Mancino

Ingroia si dice «stupefatto» dell’ispezione del ministero di Giustizia alla procura di Palermo: «Noi abbiamo obbedito. Se qualcuno ha fatto altre copie avrebbe commesso un reato e va indagato»

Ingroia assicura: distrutte le intercettazioni tra Napolitano e Mancino

Le intercettazioni tra Napolitano e Mancino? Distrutte, così come ha ordinato la Consulta. Parola dell’ex pm Antonio Ingroia che, all’indomani della notizia che gli ispettori del ministero di Giustizia hanno avviato una verifica sulla «effettiva documentazione e corretta custodia delle intercettazioni» a Palermo, con particolare riferimento a quelle del processo sulla trattativa Stato-Mafia e soprattutto a quelle tra il capo dello Stato e l’ex ministro Nicola Mancino - al centro qualche anno fa di uno dei più pesanti scontri istituzionali che si siano mai verificati, si affretta ad assicurare che gli ordini della Corte costituzionale sono stati eseguiti.

L’ex pm, procuratore aggiunto e anima dell’inchiesta sulla trattativa prima di optare per la politica e di lasciare la toga, si dice stupito dell’ispezione: «Ovviamente - risponde all’Ansa che lo interpella sull’avvenuta cancellazione di quei nastri - si, quelle intercettazioni sono state distrutte. E sono stupefatto che dopo diversi anni dai fatti ci sia ancora qualcuno che possa sospettare il contrario. La procura di Palermo è un ufficio serio che ha sempre applicato la legge». Ingroia, adesso avvocato e leader di Azione civile, ripercorre le tappe di quel braccio di ferro che alla fine, dopo la decisione della Consulta del 4 dicembre 2012, portò alla distruzione dei nastri della discordia, in cui erano registrate quattro telefonate - due di Mancino a Napolitano verosimilmente di auguri, visto che cadono il 24 e il 31 dicembre del 2011 - spiate dai pm di Palermo. Mancino, all’epoca, non era ancora indagato per falsa testimonianza, l’accusa che gli viene contestata adesso al processo sulla trattativa Stato-mafia. Napolitano invece era capo dello Stato in carica, e venne intercettato indirettamente. «La Corte costituzionale - ricorda Ingroia - ne dispose la distruzione nei modi indicati dal Quirinale: noi non concordavamo, ma non avevamo strumenti per opporci. Escludo - aggiunge l’ex pm - che ce ne siano altre copie in circolazione. Se qualcuno l’avesse fatto, avrebbe commesso un reato. E se venisse fuori una cosa del genere, ci sarebbe da indagare».

Ingroia, del resto, lasciò la procura di Palermo proprio mentre lo scontro istituzionale divampava, ed era già fuori ruolo quando arrivò il verdetto della Consulta che dava ragione al Colle. L’ex pm precisa anche il tenore di alcune sue recenti dichiarazioni, visto che, in una intervista, sembrava lasciar intendere di voler svelare comunque il contenuto di quelle intercettazioni nel romanzo che sta scrivendo: «Mi chiedo - dichiara - se a mettere in allarme possa essere stata un’intervista un po’ spiritosa nella quale facevo poco più di una battuta, del tipo: “Chissà, potrà accadere che parli di quei contenuti attraverso un romanzo”. Facendo un ragionamento non più giudiziario, ma politico e di etica pubblica, mi sembra inconcepibile e paradossale che in un Paese in cui la corruzione dilaga, in cui c’è Mafia Capitale, gli ispettori si muovano per verificare che non vi sia più traccia delle conversazioni cosiddette “indicibili” tra Mancino e Napolitano. Al romanzo - aggiunge - ci sto lavorando. Il libro parlerà della storia di una trattativa tra la mafia e lo Stato di un paese immaginario e recherà la classica dicitura “ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale”.

Io - assicura - non ho mai detto e non volevo dire che avrei tirato fuori copia delle intercettazioni: sono sempre stato un uomo di legge e rimango tale anche se non sono più un magistrato».

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