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"Io, allenatore azzurro scoprirò nuovi talenti No al partito unico"

L'ex Ad del Milan neo coordinatore dei dipartimenti: troverò esperti di tutti i campi

"Io, allenatore azzurro scoprirò nuovi talenti  No al partito unico"

Roma «Non sum dignus, non sum dignus, continuavo ad urlare giovedì scorso a Palazzo Grazioli, quando Silvio Berlusconi insisteva per darmi questo incarico per il rilancio di Forza Italia. Volevo fare il senatore semplice, come dice Matteo Renzi, almeno fino alla fine del 2018, per imparare. Ma sono con lui da 39 anni, gli devo tutto e alla fine ho detto: obbedisco! Come Garibaldi». Adriano Galliani l'intervista proprio non vorrebbe farla. «No hablo», ripete dal suo telefonino con il numero a 6 cifre, perché è lo stesso da 29 anni. Poi, però, si fa convincere a fare una chiacchierata. E viene giù una valanga.

Se Berlusconi ha insistito tanto si vede che ha grande fiducia in lei...

«Dal '94 mi chiede di entrare in politica. Ho sempre detto di no. Gli spiegavo che il Milan ha tifosi di estrema destra e di estrema sinistra ed era meglio non scontentare nessuno. Ma quando il Milan è stato venduto, non ho più avuto scuse. Ho iniziato la mia quarta vita; dopo telecomunicazioni, tv e calcio, la politica. Però, sono all'esordio assoluto, volevo 6 mesi per capire, studiare. Invece, ha voluto darmi la bicicletta subito e io pedalo».

Il momento è difficile, qual è il piano di Berlusconi?

«Lo conosco così bene che capisco che pensa da come respira: lui vuole davvero rifare il partito, nel centrodestra, ma geneticamente diverso dalla Lega e da Fdi. Ha scelto un vicepresidente di peso come Antonio Tajani (stamattina sono stato un'ora a telefono con lui) e ha voluto anche me in un questo ruolo. Dobbiamo delineare meglio l'identità di Fi, le sue caratteristiche, perché né Berlusconi, né Tajani, né Galliani faranno mai un partito unico, come dice Toti. Non è nel nostro Dna. Una cosa è essere alleati, altra è essere la stessa cosa».

Adesso coordinerà i nuovi Dipartimenti di Fi, che lavoro sarà?

«Vuol sapere quando ho deciso di dire di sì? Quando Renato Brunetta, cui ho chiesto consiglio, mi ha detto qualcosa che mi ha colpito: Se vai in Cina un giorno ci scrivi su un articolo, se vai un mese scrivi un libro, se nasci in Cina non scrivi niente. Mi dicono che in politica è meglio non essere imparato, che a volte capisci cose che chi è dentro non vede. Speriamo sia così, io mi impegno. Ma non faccio il capo dei dirigenti dei Dipartimenti, faccio l'allenatore, il collegamento con la Consulta del Presidente, che stiamo creando».

Ci spieghi meglio.

«I Dipartimenti corrisponderanno alle Commissioni parlamentari, ma saranno di più perché alcune accorpano vari settori. Li guiderà un senatore o un deputato e saranno integrati dalla Consulta, composta da eccellenze del mondo dell'imprenditoria, delle professioni, della cultura... In questo momento io sto scoprendo questi talenti nella società, persone non iscritte a Fi ma vicine a noi. Ho la fortuna di avere molte frequentazioni, di conoscere mezzo mondo, dopo 31 anni nel Milan e poi in Mediaset. Una volta trovavo talenti per il calcio, ora per la politica. Invece di chiamare procuratori, giocatori, presidenti di club adesso parlo con professori, avvocati, manager, esperti di tutti i campi. Devo dire che mi intriga molto, lo faccio con passione e ho anche avuto molti consensi».

E che dovranno fare questi esperti?

«Affiancare i parlamentari nei Dipartimenti, per indicare problemi, fare proposte, suggerire soluzioni. Faremo delle riunioni periodiche, pensavo ad una sera al mese a cena con il Presidente. Sarà un raccordo con la società, non dico società civile perchè lo detesto. Che gli altri sono incivili?»

Con la Lega che guida il centrodestra e sta al governo con i 5Stelle, qual è il futuro di Fi?

«Siamo convinti che il miglior governo per l'Italia, quello naturale, sia un governo di centrodestra. Se si guardano i nostri programmi elettorali e quelli del M5s è evidente che siano molto lontani. Mentre le regioni che il centrodestra unito governa, come la Lombardia da 20 anni, ma anche il Veneto, sono le migliori. Dunque, il futuro è quello».

Per centrare l'obiettivo lei pensa che la sua esperienza di manager sia importante?

«Berlusconi è convinto che sia un uomo del fare. Lui divide le persone in 2 categorie: quelle che quando gli chiedi una cosa la fanno e quelle che non la fanno. Quando sono entrato la prima volta ad Arcore, il primo novembre '79, ero un piccolo imprenditore brianzolo, con un passato nella Dc, un suo fornitore con l'Elettronica industriale. Mi chiese se ero in grado di creare 3 reti tv nazionali, risposi di sì. Disse: Allora, compro il 50% della sua azienda, faccia lei il prezzo, e si metta a lavorare.

Così è partita l'avventura».

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