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"Io, archiviato dopo 4 anni di silenzio. Ho saputo delle Procure da Travaglio"

Il professore ed ex assessore tirato in ballo per i rimborsi elettorali: "Tre cambi di capo d'imputazione ma l'ho scoperto leggendo il Fatto"

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Stefano Bruno Galli, ex assessore all'Autonomia e Cultura della Regione Lombardia, professore di Storia delle dottrine e delle istituzioni politiche alla Statale, leghista della prima ora, è stato archiviato dopo essere stato tirato in ballo per una vicenda intrecciata con la storia dei 49milioni. Un altro caso giudiziario che dimostra la necessità di una revisione dell'ordinamento.

Bruno Galli ha sempre percepito l'impegno politico come una fase transitoria per cui mettersi a disposizione sotto il profilo delle competenze. Un concetto su cui l'intervistato insiste, magari pure in prospettiva.

Quella attuale, dal punto di vista politico, è una fase calda anche per la riforma delle Autonomie, che è una delle architravi politologiche a cui l'accademico ha lavorato per il suo partito d'appartenenza studiando un nuovo assetto dell'Italia.

Bruno Galli appare speranzoso però anche in relazione a un cambiamento profondo nel settore della Giustizia. E ascoltando la sua storia non è difficile comprendere i perché di questa speranza. Tutto - ci racconta - parte con la candidatura di Maroni.

Professore, c'è aria di riforma della Giustizia.

«Credo molto nel ministro Carlo Nordio. Un magistrato è un magistrato tutta la vita, un po' come un professore. Anzitutto, il potere giudiziario non è un potere ma un ordine, dunque risponde a una funzione pubblica».

Però?

«Però spesso questo ordine si arroga la funzione di un vero e proprio potere. Quando questo ordine deroga alla sua imparzialità, diventa pericoloso per la democrazia di questo Paese. Il magistrato, a volte, commette errori di metodo o persino voluti per i quali non paga mai».

Ha accennato al suo caso. Ce lo racconta?

«Dopo 4 anni e mezzo di silenzio assordante, risulta che sia del tutto infondata la notitia criminis, che non vi siano né indizi né prove. Nel 2019, alle 6 del mattino, ricevo la visita di 12 finanzieri che vengono da Genova. Un po' in casa, un po' in ufficio, un po' fuori per evitare che io buttassi qualcosa dalla finestra. In quel momento, i miei tre bambini avevano 9,7 e 5 anni e guardavano incuriositi, osservando mitra, pistole e giubbotti anti-proiettile. Dovevano consegnami un avviso di garanzia per accusa di riciclaggio».

Quando nasce la questione per cui è stato tirato in ballo?

«Quando Maroni si candida e, per una mia valutazione di carattere politico, decidiamo di creare una lista civica in suo sostegno. Venivamo dalle vicende di Bossi e Formigoni e non potevamo costruire la campagna nell'alveo del centrodestra lombardo».

E quindi?

«Fondiamo l'Associazione Maroni presidente, di cui io divento il presidente. E tutta la campagna, contratti e manifesti, li paga l'associazione. Compresi i Maroni point, con i contratti di locazione. A Milano eravamo in corso Buenos Aires. Paghiamo tutto grazie a un prestito della Lega di 500mila euro. Furono le ultime elezioni coperte con i rimborsi elettorali».

Che succede poi?

«A meta legislatura ricevo 800mila euro di rimborsi elettorali, per cui sono in grado di restituire alla Lega quanto prestato. Chiedo al coordinatore del mio collegio dei revisori dei conti di farsi indicare dalla commissione Trasparenza dei bilanci dei partiti e movimenti politici, come possiamo restituire i soldi».

E poi?

«La prima accusa fu di riciclaggio. Secondo loro avevo messo i soldi in lavatrice e poi li avevo restituiti alla Lega. Dopo l'avviso di garanzia, silenzio assordante. Passano oltre quattro anni prima della certificazione della notizia criminis infondata. Ma il decreto di archiviazione arriva dopo le scorse elezioni, mentre la richiesta del Pm è dei primi di dicembre 2022. La mia vicenda giudiziaria è passata in tre procure: Genova, Milano e Monza. Con tre cambi di capo di imputazione: riciclaggio, appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato. Sa chi mi ha informato del cambio di procura?».

No, chi?

«Travaglio, sul Fatto Quotidiano. Che peraltro mi ha anche confuso con un altro Galli. Devo molto alla procura di Monza, che ha avuto il coraggio di archiviarmi.

Coraggio che non hanno avuto a Genova e a Milano».

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