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Ira di Orlando: Matteo lasci lavorare Martina

Il Guardasigilli contro il vertice "renziano" dopo le consultazioni

Ira di Orlando: Matteo lasci lavorare Martina

Roma - Le tensioni in un Pd sempre più diviso sono evidenti appena sotto la superficie. Ma la parola d'ordine è restare uniti. Almeno quella del segretario uscente. Matteo Renzi vorrebbe infatti scongiurare le divisioni interne, peccato che, inevitabilmente, queste siano ormai la cifra del partito. Dove in molti non digeriscono la strategia scelta dall'ex rottamatore, quella dell'opposizione a prescindere. A parole in tanti predicano calma e unità, anche se in vista dell'assemblea, in calendario sabato 21, le ruggini affiorano, e non solo in chi guida le minoranze più rumorose, come Andrea Orlando e Michele Emiliano. Proprio Orlando, peraltro, se l'è presa per la riunione tra fedelissimi dell'ex segretario, allargata ai capigruppo Marcucci e Delrio, dopo le consultazioni, nella quale Matteo ha confermato la linea del «no» al dialogo con il M5s. «Renzi deve decidere: se ritiene che la colpa della sconfitta non sia sua, ma mia o dei cambiamenti climatici ritiri le dimissioni. Se invece si assume una quota significativa di responsabilità, la cui conseguenza sono le dimissioni, deve consentire a chi ha avuto l'incarico pro tempore di esercitarlo», la sparata del ministro della Giustizia. Al centro del dibattito, proprio la scelta se certificare il ruolo di Maurizio Martina in assemblea, eleggendolo segretario, o se invece convocare le primarie e andare al congresso anticipato. Renzi lascia parlare i suoi, almeno fino al 21, mentre Richetti e Delrio vorrebbero le primarie. Orlando, Emiliano e parte della maggioranza di area francheschiniana sono per l'elezione di Martina come segretario tra due settimane. Ma tra le ipotesi, considerando che in assemblea Renzi arriva con la maggioranza di ferro derivante dalle primarie dello scorso anno (69,2 per cento dei consensi), c'è anche quella di eleggere un candidato più renziano del reggente Martina, come Lorenzo Guerini o Ettore Rosato. Una possibilità comunque remota e che aumenterebbe ancora le divisioni interne al partito democratico. Intanto a fare il pompiere prova proprio Martina. «Non servono conte interne, chiedo unità e offro collegialità, perché abbiamo bisogno di questo, e non di dividerci», ha spiegato ieri, invitando a fermare «discussioni e polemiche sbagliate» e a guardare all'assemblea del 21 aprile come «al momento della consapevolezza e del rilancio». In quella sede, per Martina, si affronterà non il tema «di un reggente o un candidato», bensì «il futuro del nostro progetto».

Parole apprezzate anche da Matteo Orfini, che «condivide» l'invito ad abbassare i toni ma, intanto, ribadisce che il Pd «sarà minoranza in Parlamento».

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