Politica estera

"In Iran è rivoluzione. Anche chi non protesta è contro gli ayatollah"

L'analista: donne e giovani guidano la piazza. Ma la maggioranza silenziosa sta con loro

"In Iran è rivoluzione. Anche chi non protesta è contro gli ayatollah"

«In Iran sta avvenendo una vera rivoluzione politica che mette insieme uomini e donne di diversa estrazione sociale, età e origine etnica. Tutti vogliono un cambiamento radicale del regime». Alex Vatanka, nato a Teheran, analista e direttore del programma Iran del Think tank americano Middle East Institute di Washington, non ha dubbi a riguardo e aggiunge che in Iran «c'è pure un'importante maggioranza silenziosa che anche se non si espone direttamente, è dalla parte di chi protesta, ha le stesse idee e richieste». Vatanka è specializzato in affari esteri e interni dell'Iran e nelle relazioni tra Usa e Repubblica islamica. Attualmente sta lavorando al suo terzo libro, Iran's Arab Strategy: Defending the Homeland or Exporting Khomeinism? Su quanto sta accadendo in Iran Vatanka ci tiene a sottolineare che «è la Guida Suprema Ali Khamenei a decidere tutto mentre il presidente Ebrahim Raisi è una figura piuttosto debole» e poi sottolinea come «queste proteste non abbiano un connotato etnico, tutti scendono per strada in quanto cittadini iraniani». Vatanka ci risponde da Washington dove ora vive.

Quali scenari potrebbero svilupparsi da questa rivoluzione in Iran? Lei cosa prevede?

«Non è facile fare previsioni. Ciò che è chiaro è che c'è molta rabbia, il regime non ha una soluzione a questa situazione. Penso che questo a cui stiamo assistendo in questi mesi, in questi giorni, sia la nuova normalità in cui vivrà l'Iran».

Questa è una rivoluzione solo delle donne e dei giovani o riguarda tutta la società iraniana nella sua interezza?

«Le donne e i giovani stanno certamente guidando la rivoluzione, ma c'è anche una maggioranza silenziosa che la pensa come loro, che ha le stesse idee e richieste. Questa parte della società comprende persone di diversa estrazione socio-economica, di diversa età e differente origine etnica».

Le minoranze come i curdi e i baluci hanno un ruolo importante nella rivoluzione?

«Loro hanno importanza in quanto cittadini dell'Iran. Non c'è una caratterizzazione etnica di questo movimento. I baluci, i curdi, gli azeri partecipano tutti alla rivoluzione ma in quanto iraniani. La rivoluzione è soprattutto politica e non etnica e vuole il cambiamento politico del regime al di là delle differenze etniche».

L'abolizione della polizia morale è stato soltanto un bluff o è un vero cambiamento? Se sì perché?

«Non possiamo ancora esprimere un giudizio sicuro e netto. Dobbiamo aspettare e vedere come evolverà la situazione. Ciò che è certo è che il regime è molto ostinato nelle sue posizioni».

Perché il presidente iraniano Ebrahim Raisi vuole un'applicazione così rigida della legge islamica?

«Ebrahim Raisi in realtà è molto debole, è la Guida suprema Ali Khamenei che decide tutto, è lui che vuole questo».

Oltre all'abolizione dell'obbligo del velo ci sono altre richieste da parte dei manifestanti?

«Certo, i manifestanti vogliono un cambiamento di regime e vogliono che il nuovo governo abbia le sembianze di un sistema democratico, ma non è ancora molto chiaro con precisione il disegno completo, cosa vogliano veramente».

Perché la scelta di giustiziare in massa i manifestanti?

«Il regime vuole spaventare le persone, vuole fare paura.

È il suo unico approccio e ciò è tipico della Repubblica islamica dell'Iran».

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