Politica estera

Iran, la "tregua" è finita. Torna la polizia del velo contro le donne libere

Gli agenti di nuovo nelle strade dopo lo stop per Mahsa Amini. Già arrestata una ragazza

Iran, la "tregua" è finita. Torna la polizia del velo contro le donne libere

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Le forze di polizia iraniane torneranno a pattugliare le strade delle città per punire le donne che non osservano l'obbligo di indossare l'hijab. Ad annunciarlo è stato il portavoce della polizia Saeed Montazermahdi: «Coloro che non rispettano le regole saranno affrontati e perseguiti dalla magistratura». A Teheran hanno cominciato così a circolare le inconfondibili camionette dei guardiani della morale. Le pattuglie, istituite dopo la Rivoluzione islamica del 1979, erano scomparse dalle strade dopo la morte 10 mesi fa, il 16 settembre, della 22enne curdo-iraniana Mahsa Amini mentre era in stato di fermo da parte degli agenti per non aver indossato correttamente il velo.

La sua morte ha scatenato imponenti ondate di protesta. Tanto che il regime era stato costretto a ritirare dalle strade l'odiata polizia morale. Ma nei giorni scorsi sono stati pubblicati sui social-media foto e video che mostrano poliziotte in chador che ammoniscono e arrestano le donne che non indossano l'hijab. I religiosi iraniani vedono il velo come un pilastro fondamentale della rivoluzione islamica che li ha portati al potere e considerano l'abbigliamento non conforme alle loro rigide regole un segno della decadenza occidentale.

Le pattuglie erano rimaste in sordina dopo la morte di Mahsa, nonostante la repressione sanguinosa dell'insurrezione, con centinaia di vittime, inclusi membri delle forze di sicurezza, e decine di migliaia di arresti. Poi era arrivata anche la scure della giustizia della Repubblica islamica: 7 uomini sono stati giustiziati per il loro coinvolgimento nel movimento. A dicembre, ci sono state persino alcune segnalazioni - poi smentite - che la polizia morale fosse stata sciolta.

Le proteste di massa chiedevano il rovesciamento della teocrazia, ritenuta corrotta e violenta, che ha governato l'Iran per oltre quattro decenni. Ma si sono in gran parte placate all'inizio di quest'anno a seguito della pesante repressione in cui sono stati uccisi oltre 500 manifestanti e quasi 20mila sono stati arrestati. Da quel 16 settembre dello scorso anno, sempre più donne sono uscite a capo scoperto, soprattutto a Teheran e nelle grandi città. Poi dall'inizio dell'anno le autorità hanno ricominciato a mostrare il pugno duro con un nuovo giro di vite. Hanno installato telecamere nelle strade per rintracciare le donne che sfidavano il divieto.

Sabato scorso, la polizia ha arrestato Mohammed Sadeghi, un attore giovane, non molto famoso. Sadeghi aveva commentato con parole dure un video in cui si vedeva una donna fermata dalla polizia morale: «Se vedessi ancora una scena come questa, sarei disposto a uccidere». Il sito Internet del quotidiano iraniano Hamshahri ha precisato che è stato arrestato per aver incoraggiato le persone a usare le armi contro la polizia. La battaglia per l'hijab è diventata un potente grido di battaglia con le donne che hanno svolto un ruolo di primo piano nelle proteste, che pure sono state trasversali.

Il governo iraniano ritiene che dietro le proteste ci sia una cospirazione straniera, ma non ha fornito alcuna prova in merito. Molte celebrità iraniane si sono unite ai manifestanti, inclusi importanti registi e attori dell'industria cinematografica. Diverse attrici sono state arrestate dopo essere apparse in pubblico senza l'hijab o aver espresso sostegno alle proteste.

L'attrice Azadeh Samadi è stata bandita dai social media e le è stato ordinato da un tribunale di sottoporsi a cure per «disturbo antisociale di personalità» dopo essere apparsa a un funerale due mesi fa senza hijab ma con un cappello da baseball in testa.

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