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In Italia 5 milioni di poveri: il doppio dall'inizio della crisi

Tasso più elevato tra i giovani, colpa anche del Jobs Act Il paradosso? Più soldi agli irregolari che agli indigenti

In Italia 5 milioni di poveri: il doppio dall'inizio della crisi

L a povertà assoluta in Italia è in aumento. Nel 2016 ci sono - secondo le ultime rilevazioni Istat - 4 milioni e 740mila italiani in povertà assoluta contro 4 milioni e 596mila nel 2015: 150 mila in più. Grandissimo l'aumento rispetto al periodo antecedente alla crisi economica. Nel 2005 erano 2 milioni e 381mila, la metà. Le famiglie povere che nel 2005/2007, prima della grande crisi, erano in Italia il 4,1/4,2% della popolazione ora sono il 6. Nel 2005 le famiglie povere di giovani erano il 3%, cioè meno della media, perché la povertà cresceva con il crescere dell'età del capo famiglia. Ora la povertà assoluta aumenta al ridursi dell'età dei capofamiglia: è il 10,4% delle famiglie con capofamiglia non oltre i 34 anni, mentre scende al 5,2 dopo i 55 anni e al 3,9 dopo i 65 in quanto c'è la pensione sociale. Dal 2008, anno della grande crisi, fino al 2011 l'aumento della povertà assoluta è stato moderato. Nel 2011 le famiglie povere erano il 4,8% con un aumento medio annuo di 0,2 punti. Dal 2012, con l'eliminazione del governo Berlusconi sostituito da governi a guida Pd, da Monti, a Letta a Renzi la povertà assoluta, in 5 anni, passata dal 4,8% al 6,3%. Il grande balzo in su si è avuto nel 2012 quando è aumentata al 5,8%, per poi salire nel 2013 al 6,3. Nel 2014, il primo del governo Renzi è scesa al 5,7%. Poi col Jobs Act varato nel 2014 la povertà assoluta è risalita al 6,3 % e vi è rimasta anche nel 2016.

Ossia: la riforma del mercato del lavoro ha aumentato la povertà assoluta e ha consolidato la rilevanza della nuova relazione statistica per cui la povertà aumenta al ridursi dell'età del capo famiglia. È evidente che ciò si collega alla abrogazione delle riforme di lavoro flessibile parasubordinato di Treu e Biagi, che avevano ridotto la disoccupazione giovanile. È rimasta immutata nel 2016 anche la relazione statistica secondo la quale la povertà assoluta è maggiore per le famiglie di 4/5 persone (uno o due capi famiglia e due o tre figli). La povertà è calcolata dall'Istat sulla base della incapacità a soddisfare i bisogni essenziali, per i quali occorrono almeno 730 euro al mese per un singolo in un'area metropolitana e 552 per uno in un paesino del Sud. La media nazionale è sui 630 euro. Ogni immigrato illegittimo ospitato in Italia ha 35 euro per alloggio, vitto, spese varie e contante.

Per far cessare la povertà assoluta degli italiani occorrono 11/12 miliardi annui. Considerando che vi sono famiglie poco sotto e la soglia della povertà, famiglie molto sotto e famiglie a metà della soglia e che il minimo vitale per persona sotto cui vi è la povertà assoluta si riduce al crescere del numero dei membri della famiglia dato il peso delle spese fisse e semi fisse, si può stimare in 200 euro mensili la somma pro capite necessaria per sovvenire alla povertà assoluta, 2.400 euro l'anno per 4,7 milioni di poveri. Il costo annuo sarebbe appunto di 11/12 miliardi, pari a 0,7 punti di Pil. Circa il costo degli 80 euro in busta paga del governo Renzi.

Il reddito di cittadinanza dei Cinque stelle che ha un costo stimato in 15 miliardi annui si basa sulla concezione politica per cui chi vive in Italia ha diritto a un reddito minimo garantito e non sul dovere etico di aiutare i «meno favoriti» ossia i concittadini poveri, secondo la concezione liberale sociale.

Niente è stato fatto o proposto la povertà assoluta dal Pd sino al giugno del 2017 in cui è stato varato il reddito di inclusione, a partire dal 2018, che riguarda un milione e 800mila indigenti con un costo di circa 2 miliardi annui.

Per gli immigrati illegittimi ne spendiamo più di 3,3.

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