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Italia mai così indebitata Ora scrivere la manovra sarà ancora più difficile

Il rosso di bilancio al nuovo record storico di 2.386 miliardi. A pesare è lo Stato centrale

Italia mai così indebitata Ora scrivere la manovra  sarà ancora più difficile

Nuovo record storico per il debito pubblico che nel mese di giugno ha toccato quota 2.386,2 miliardi, in aumento di 21,5 miliardi rispetto al mese precedente. Il dato fornito, come di consueto, da Bankitalia consente anche di tracciare un bilancio dei primi dodici mesi del governo gialloverde. Con il premier Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, coadiuvato dai due vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il debito pubblico è cresciuto di 56 miliardi, equivalenti a sette stanziamenti annui per quota 100 o per il Reddito di cittadinanza. In particolare, il debito delle amministrazioni centrali è aumentato di 22,6 miliardi, mentre quello delle amministrazioni locali si è ridotto di 1,1 miliardi e quello degli enti di previdenza è rimasto pressoché invariato.

Il nuovo record è accompagnato, come di consueto, da una nota negativa. Il rosso, infatti, aumenta a fronte di un andamento positivo delle entrate tributarie che nei primi sei mesi del 2019 sono cresciute dell'1,2% annuo a 189,3 miliardi (+2,4% a 32,7 miliardi solo a giugno). Lo Stato, pertanto, continua a spendere più di quello che incassa e su questa dinamica ha sicuramente influito, sebbene in minima parte, anche l'incremento della spesa per interessi legata all'impennata dello spread che ha caratterizzato l'insediamento dell'esecutivo grillo-leghista e la fase preparatoria della legge di Bilancio 2019.

Quello che conta maggiormente non è, tuttavia, il passato, ma la stesura di una manovra 2020 che parte da presupposti poco incoraggianti: il debito pubblico, infatti, continua a espandersi in uno scenario caratterizzato da crescita stagnante e inflazione in rallentamento. Si tratta di due fattori che ne mettono a repentaglio la sostenibilità nel medio periodo e che potrebbero pesare nelle valutazioni degli investitori, soprattutto se l'inceppamento dell'economia tedesca (il Pil del secondo trimestre è diminuito dello 0,1%) dovesse dare il via a una «grande fuga» dei capitali dal Vecchio continente.

Si tratta di analisi che il ministro dell'Economia Giovani Tria e i tecnici del Tesoro (a partire dal direttore generale Alessandro Rivera) stanno effettuando da tempo e che troveranno una loro dettagliata esposizione - sebbene in forma di tabelle - nella Nota di aggiornamento al Def che dovrà essere pubblicata entro il 27 settembre. A prescindere dall'evoluzione della crisi di governo, sarà Tria a mettere nero su bianco quei numeri nei quali si evidenzierà un andamento sfavorevole del quadro macroeconomico e del rapporto debito/Pil (nel quale dovranno essere computati i 18 miliardi di mancate privatizzazioni previste quest'anno). Il titolare del Tesoro punterà forte sui risparmi da reddito di cittadinanza e quota 100, nonché alluderà (come sembra) alla possibile rimodulazione di alcune spese fiscali (le tax expenditures), ma queste risorse potrebbero coprire solo una parte dei 23,1 miliardi richiesti per evitare l'innesco delle clausole Iva. Solo un ulteriore peggioramento della Germania potrebbe evitare l'avvio di una procedura per debito eccessivo con l'apertura di una finestra che consenta l'utilizzo della flessibilità in funzione anticiclica.

L'Italia, però, non potrà sempre sperare di salvarsi in corner.

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