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Italiani stangati dal fisco: massacro da 33 miliardi

Ogni cittadino paga 552 euro in più rispetto alla media Ue. La Cgia: «Subito giù le tasse»

Italiani stangati dal fisco: massacro da 33 miliardi

Nel 2018 gli italiani hanno pagato 33,4 miliardi di euro di tasse in più rispetto all'ammontare complessivo medio versato dai cittadini dell'Unione Europea. Si tratta di un differenziale che incide per circa 2 punti di Pil. In termini pro capite, invece, sono stati corrisposti al fisco 552 euro in più rispetto alla media europea. È quanto sostiene l'Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha comparato la pressione fiscale dei 28 componenti dell'Unione e, successivamente, ha calcolato il differenziale tra l'Italia e gli altri Paesi.

In particolare, solo Francia, Belgio, Danimarca, Svezia, Austria e Finlandia hanno pagato mediamente più tasse. Ogni contribuente transalpino ha versato al fisco 1.830 euro in più rispetto a un italiano (110,7 miliardi di euro complessivamente). Rispetto ai principali competitori, però, l'Italia soccombe sempre. Se la pressione fiscale fosse uguale a quella della Germania, si verserebbero 24,6 miliardi di tasse in meno (407 euro pro capite) che salirebbe a 56,2 miliardi se ci si adeguasse al 38,9% di aliquota media dell'Olanda (930 euro pro capite), a 114,2 miliardi nel caso del Regno Unito (35,6% e 1.888 euro pro capite) e a 119,5 miliardi se ci si portasse al 35,3% della Spagna (1.975 euro pro capite).

La Cgia di Mestre ha evidenziato che la pressione fiscale «reale» del nostro Paese è di ben 6 punti superiore al dato ufficiale. Il nostro Pil, infatti, come del resto quello di altri Paesi dell'Ue, include anche gli effetti dell'economia non osservata che, secondo le ultime stime dell'Istat, ammontano a 209 miliardi di euro all'anno. Questa ricchezza, generata dalle attività irregolari e illegali, se da un lato non fornisce alcun contributo all'incremento delle entrate fiscali, dall'altro accresce la dimensione del Pil. Il peso del gettito sul prodotto interno lordo «depurato» di questa componente illegale, perciò, aumenta fino al 48 per cento.

La flat tax, secondo gli artigiani mestrini, non rappresenta una soluzione definitiva al problema sia perché svilupperebbe i propri effetti esclusivamente sui redditi medio-alti (come, d'altronde è giusto che sia) sia perché è probabile che per finanziarla si ricorra a un aumento selettivo delle aliquote Iva che penalizzerebbe i consumi interni e, dunque, le piccole e medie imprese. «Il tempo degli slogan e delle promesse è terminato: con la prossima manovra di Bilancio è necessario uno scossone che nel giro di qualche anno riduca di 3-4 punti percentuali il peso delle tasse», ha commentato Paolo Zabeo, coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia, aggiungendo che «tale intervento sarà praticabile solo ed esclusivamente se si riuscirà ad abbassare, di pari importo, la spesa pubblica improduttiva e una parte dei bonus fiscali, un'operazione che appare difficilmente perseguibile» visti i fallimenti di qualsiasi tipo di spending review fin qui perseguita.

«Ultimi in Europa per crescita e primi per carico fiscale», ha commentato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Anna Maria Bernini, rilevando che «con la prossima manovra sarebbe urgente una drastica riduzione delle tasse, ma la maggioranza non ha alcuna intenzione di rinunciare alle sue misure spot».

Secondo Zabeo, «bisogna assolutamente evitare l'aumento Iva», ossia occorre evitare che i 23,1 miliardi di clausole di salvaguardia siano coperti aumentando l'aliquota ordinaria dal 22 al 25,2% e la ridotta dal 10 al 13 per cento.

«Non è accettabile il baratto più Iva meno Irpef», aggiunge ricordando che «si ritroverebbe a pagare più Iva la gran parte dei 10 milioni di contribuenti Irpef che rientrano nella no tax area senza ottenere nessun beneficio».

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