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Il j'accuse di Barca al Pd: «È pericoloso e cattivo»

L'ex ministro consegna a Orfini l'indagine sul partito romano, commissariato dopo lo scandalo di Mafia capitale. L'ex segretario cittadino Morassut: lo sapevo da anni

Il j'accuse di Barca al Pd: «È pericoloso e cattivo»

Il titolo non è, come tutto lascerebbe supporre, «Se lo conosci lo eviti». Bensì un più moderato e ottimistico: «Il Pd romano. Conoscerlo per ripartire». La firma è autorevole, quella di Fabrizio Barca, capo del gruppo di lavoro cui il commissario romano Orfini (già presidente dell'inclita organizzazione) ha affidato il compito di fare una mappa compiuta del Pd che ci troviamo nelle mani (nelle cronache, tra i piedi). Ritratto affatto compiacente e compiaciuto, e da ritenersi autentico in virtù non solo dell'autorevolezza di Barca, figlio del grande Luciano, economista del Pci, ma anche dei questionari distribuiti agli stessi iscritti e delle interviste effettuate dai trentuno ricercatori volontari (assoluti benemeriti del genere).

Interessante anche il commento a caldo di Roberto Morassut, esponente di punta del partito in tutti questi anni, in perfetta continuità con i vecchi capatàz , da Goffredone Bettini a Esterino Montino, che hanno fatto il bello e il cattivo tempo nella Capitale fin dai tempi di Berta, anzi di Rutelli, che filava (e anche prima). Il commento recita: «Barca fotografa una situazione chiara da anni». Ah, beh : tipico modo della Roma che tutto fagocita - barbari e barberini, ladri e cialtroni - per dire che, insomma, si sa come vanno queste cose e non c'è nulla di nuovo sotto il sole . Invece qualcosa c'è, e non solo per l'inadeguatezza del sindaco Marino ormai sotto gli occhi dei cittadini da mesi (bocciato ieri l'altro dal Tar persino sulla pretesa di vessare i cittadini con tariffe astronomiche sulle strisce blu). Non solo per lo scoperchiamento di Mafia capitale, che ieri ha inserito un nuovo tassello con le dimissioni del minisindaco di Ostia, che ha scoperto sul litorale «grossi interessi economici e infaltrazioni mafiose».

No, il pesce puzza dalla testa e il partito romano - ma ricordate Capitale corrotta, Nazione infetta ? - è un partito «non solo cattivo ma pericoloso e dannoso: dove non c'è trasparenza e neppure attività, che “lavora per gli eletti” anziché per i cittadini e dove traspaiono deformazioni clientelari e una presenza massiccia di “carne da cannone da tesseramento”». Quest'associazione dedita al malaffare, spiega Barca nella relazione intermedia inviata a Orfini e pubblicata on-line , non è tutto il partito ma la sua parte trainante, che va distinta da quella che «subisce inane lo scontro correntizio, le scorribande dei capibastone, e che svolge un'attività territoriale, ma senza alcuna capacità di raggruppare e rappresentare la società...».

Divisione che non lascia adito a dubbi e speranze, tra chi è salito sul Pd per fare carriera e affari e chi lo subisce per inettitudine. Certo, esiste anche un «partito davvero buono, che esprime progettualità, capacità...» eccetera. Enclave meritevole, nella quale però va ancora una volta distinta la parte che, pur lavorando sodo agli stessi obbiettivi, difetta di «metodo moderno per farcela». Rappresentando, per così dire, parte «cattiva» della parte «buona». Dulcis in fundo , viene scritto nella relazione che dovrebbe far rizzare i capelli all'intero quartier generale, esiste «una sorta di partito dormiente, dove si intravedono le potenzialità e le risorse per ben lavorare, e dove il peso di eletti e correnti è sfumato, ma che si è chiuso nell'autoreferenzialità di una comunità a sé stante, poco aperta all'innovazione organizzativa, al ricambio, al resto del territorio».

Analisi impietosa? No, visto che è la realtà descritta dagli iscritti stessi. Vendetta di Barca, a suo tempo respinto nel generoso tentativo di cambiare il Pd? Manco a parlarne, considerata la statura dello studioso e l'umiltà di ripartire dai Circoli, piuttosto che fare guerra al gruppo di potere. No: è solo il Pd, bruttura tra le tante. Roba pericolosa. Da maneggiare con cura, e carabinieri al seguito.

di Roberto Scafuri

Roma

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