Mondo

Juncker ci porta alla guerra con gli Usa

Il mai eletto presidente della Commissione Ue spara a zero a nome degli europei

Juncker ci porta alla guerra con gli Usa

La campagna elettorale di Donald Trump è stata «disgustosa» e non ha rappresentato «un'ora di gloria per la democrazia americana». È il parere del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, che parlando alla radio belga RTL Info ieri si è detto «preoccupato se, pensando male, mi immagino che il presidente Trump metta in pratica tutto quello che ha detto durante la sua campagna». «Mi interrogo sulle sue reali intenzioni riguardo all'Alleanza atlantica», ha aggiunto riferendosi all'intenzione di Trump di disimpegnarsi dalla Nato, su cui Obama ha già dato rassicurazioni. «Mi interrogo sulla politica commerciale che vuole attuare, sulla tentazione di un isolazionismo che non è nell'interesse degli Stati Uniti né dell'Europa», insiste Juncker, dopo aver definito l'elezione del tycoon una minaccia per la sicurezza globale.

Parole nel vuoto che però rischiano di isolare l'Europa. Perché non c'è stato nessun contatto tra Juncker e Trump, fa sapere Margaritis Schinas, portavoce della Commissione europea. Dopo i colloqui telefonici bilaterali avuti da Trump con i maggiori capi di Stato e di governo europei, e con leader come Marine Le Pen e Nigel Farage, il presidente eletto degli Stati Uniti non ha risposto a Juncker. Forse perché il politico lussemburghese, che da settimane spara a zero sul tycoon divenuto presidente degli Stati Uniti, non vanta più un suffragio popolare: siede sul pulpito da cui sentenzia attirando antipatie sulla commissione europea e sugli stessi cittadini, mentre Putin chiama Trump per «normalizzare» i rapporti tra Washington e Mosca.

Dopo una carriera in cui l'unica personale elezione è quella per il Parlamento lussemburghese nel 1984, Juncker l'ex premier decide di insultare. Il problema è che le sue dichiarazioni coinvolgono circa 600 milioni di cittadini europei. Lui che presidente della Commissione Ue è stato designato, neppure all'unanimità, ma a maggioranza qualificata nel 2014. Burocrate a corrente alternata, nonostante denigri Trump, dopo la vittoria gli aveva inviato una lettera a firma condivisa con il presidente del Consiglio Ue, il polacco Donald Tusk, invitandolo al vertice Usa-Ue. Ma Trump non lo prende neppure in considerazione, forse per segnare la distanza tra le forme di democrazia e quelle di burocrazia.

Se Juncker chiude a Trump, l'Ue prova a stringere le maglie delle frontiere esterne in modo a dir poco imbarazzante: potrebbe infatti costare cinque euro per i cittadini provenienti da Paesi extra Ue, dai quali già non serve il visto, l'ingresso nell'area Schengen. Questo per effetto del Sistema europeo di informazioni e autorizzazione di viaggio (Etias) che, nelle intenzioni della Commissione Ue, dovrebbe imitare il sistema statunitense ed essere operativo nel 2020. Il modello sarà presentato oggi a Bruxelles e punta a uno screening preventivo che determini la «candidabilità» della persona ad entrare, o se tale presenza possa porre dei rischi.

Oltre ad inimicarsi Trump, l'Ue fa anche le pulci a Mosca. Secondo fonti di Bruxelles, sarebbe di un miliardo l'anno la spesa per la propaganda russa anti-Ue. Si stima che siano attivi centinaia di cosiddetti troll, seminatori di propaganda sul web per influenzare la politica negli Stati membri. È il dato è di una task force europea che non rappresenta posizioni ufficiali, ma su Twitter @EUvsDisinfo si presenta come Mythbuster, organismo per sfatare la mitologia negativa di un'Unione Europea allo sbando.

È attiva da settembre 2015 e guarda al flusso di informazioni provenienti dalla Russia, condividendo i dati con i governi dell'Unione.

Commenti