Economia

L'"azienda Italia" è in stallo. E le famiglie non spendono

Confindustria in allarme: produzione e Pil ancora più giù in estate. Gli italiani lasciano i risparmi in banca

L'"azienda Italia" è in stallo. E le famiglie non spendono

La dinamica dell'industria è debole e frena il Pil italiano anche nei mesi estivi, dopo la stagnazione stimata nel secondo trimestre. L'ennesimo allarme arriva dal Centro Studi di Confindustria: «Per l'intero 2019 difficilmente si potrà andare oltre una crescita dello 0,1% sul 2018» scrivono gli economisti di viale dell'Astronomia, rilevando una diminuzione della produzione industriale dello 0,6% in luglio su giugno. «Nel secondo trimestre l'attività diminuisce dello 0,6% sul primo e nel terzo la variazione acquisita è di -0,1%», viene aggiunto avvertendo che «sia la domanda interna che quella estera si sono ulteriormente indebolite nell'ultimo bimestre». Nel terzo trimestre, il Centro Studi stima, dunque, una sostanziale stagnazione della produzione, dopo il calo rilevato nel secondo.

«La dinamica dell'attività nella media degli ultimi due mesi - si legge ancora nella nota - rimane fiacca e la domanda interna non mostra segnali di rilancio, specie nella componente investimenti, mentre quella estera risente di un contesto internazionale in rallentamento, soprattutto in Europa. In particolare, preoccupa l'andamento dell'economia tedesca».

Intanto, nell'epoca dello spread reso instabile dalle bizze sovraniste e con il fantasma dei dazi agitato da Trump sulle Borse mondiali, gli italiani tornano formiche e preferiscono lasciare parcheggiati i risparmi sul conto corrente piuttosto che investirli. Meglio rinunciare a un possibile rendimento che rischiare quattrini.

Lo dimostrano i risultati della ricerca elaborata da ConfrontaConti.it (Gruppo MutuiOnline) con i dati aggiornati al 30 giugno 2019 che mostrano cifre record: il saldo medio sfiora i 16mila euro (era 14.189 euro nel semestre precedente) è il valore più alto dal 2011 ed è balzato del 3% anche il saldo attivo registrato, con il 36% dei conti che superano i 10.000 euro, valore seguito dal 20,3% di somme tra 5.000 e 10.000 euro.

Per quanto riguarda le nuove aperture, il 67,7% ha riguardato conti online con un picco di risparmiatori tra i 26 e i 40 anni. A condurre la domanda è il Nord con ben il 72,7% sull'intero campione statistico dei primi sei mesi del 2019.

Solo pochi giorni fa la tendenza era stata convalidata anche dal rapporto diffuso da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi: gli italiani «formica» sono al 52% rispetto a quelli «cicala» (48%), con una percentuale più alta del minimo storico (39%) toccato nel 2013, mentre la percentuale di reddito risparmiato ha raggiunto nel 2019 il massimo storico (12,6%) rispetto al minimo del 2011.

L'intero patrimonio finanziario dei contribuenti, però, può essere messo al setaccio. È infatti arrivato il tempo del «Risparmiometro», con cui il Fisco guarda anche alla ricchezza degli italiani per combattere la piaga dell'evasione, come ha spiegato ieri il Sole24Ore. La fase di sperimentazione è partita un anno fa con una prima lista di 156 società di persone e di capitali indiziate di evasione fiscale. E il modello comincia ad essere ora replicato per i contribuenti persone fisiche, partendo dai dati di sintesi della Superanagrafe dei conti correnti (tipo il saldo a inizio e fine anno, la giacenza media e i movimenti in entrata e in uscita) che vengono incrociati con le risultanze dei redditi, dichiarati e no.

Se lo Spesometro e il Redditometro sono stati strumenti di accertamento, il Risparmiometro, lavora con un algoritmo e può rilevare ogni anomalia verificando se i risparmi accumulati dai contribuenti sono coerenti con i redditi dichiarati.

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