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L'affare clandestino delle coop cattoliche

Dall'inchiesta Mafia Capitale spuntano i legami con Buzzi sull'accoglienza: lo strano ruolo della Domus Caritas a Roma

L'affare clandestino delle coop cattoliche

RomaI continui botta e risposta tra Carroccio e Vaticano sul tema dell'immigrazione sono un terreno potenzialmente scivoloso anche oltre Tevere. Se è vero, come hanno rimarcato in tanti prendendo le difese della Chiesa, che le istituzioni ecclesiastiche sono spesso in prima linea nella solidarietà, va anche detto che questa non è sempre disinteressata. E che nel business dell'accoglienza, anche quello a tinte fosche immortalato dall'inchiesta sul «mondo di mezzo», il ruolo giocato da coop «bianche» e da altre realtà cattoliche non è certamente secondario.

C'è la coop «la Cascina», con i suoi interessi sul Cara di Mineo e i suoi rapporti incrociati: dal «facilitatore» Luca Odevaine al rosso ras della «29 giugno» Salvatore Buzzi (per il quale, insieme agli altri protagonisti della seconda tranche di Mafia Capitale, incentrata sul business dell'accoglienza, ieri la procura di Roma ha chiesto al gip il giudizio immediato). Secondo Buzzi, tra l'altro, la cooperativa cattolica avrebbe vantato rapporti di alto livello con il sottosegretario Giuseppe Castiglione (indagato per il Cara siciliano), ma anche - ha messo a verbale Buzzi - con l'ex ministro Maurizio Lupi e con il titolare del Viminale, Angelino Alfano. Ci sono, collegate alla Cascina, anche la coop Domus Caritatis che avrebbe «rimarchiato» l'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone. La prima, tra l'altro, viene citata da Buzzi in uno dei suoi recenti interrogatori, per affermare che avrebbe avuto un rapporto diretto con la giunta di Ignazio Marino, poiché per ottenere il via libera a una delibera fuori bilancio sui fondi per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, «Ferrara di Domus Caritatis» (Francesco, vicepresidente della controllante Cascina, arrestato lo scorso 4 giugno) avrebbe suggerito a Buzzi una via alternativa al foraggiamento di consiglieri comunali: «Dice “io c'avrei pure la strada dell'assessore al bilancio che magari ce potrebbe costa' de meno”». Salvo poi allinearsi alla strategia scelta da Buzzi. Ferrara era presidente anche dell'Arciconfraternita, nata nel 1571, sul cui sito - non più online - si raccontava di come il cardinale Camillo Ruini avesse deciso di rilanciarne le attività nel sociale, investendo dell'onere proprio Ferrara con una lettera: «Caro Francesco, ti affido una scatola “vuota”». Che Ferrara ha riempito di attività, arrivando a gestire decine di centri per immigrati e richiedenti asilo, compreso il valico di frontiera aeroportuale di Fiumicino. Coerentemente con la frase di San Paolo, scelta da Ferrara per illustrare le attività dell'arciconfraternita: «Non siete più né stranieri né ospiti, ma concittadini e familiari».

Buzzi, in un verbale, la definisce «braccio operativo del Vicariato di Roma nel settore dell'accoglienza». «Erano diventati - racconta il boss della 29 giugno - quasi monopolisti su tutta Roma con Ruini. Con il Cardinale Vallini, anche in seguito alle proteste di altri enti religiosi tipo i gesuiti, la Caritas, Vallini gli impone praticamente di non usare più il marchio ma di fare delle cooperative sulle quali far transitare questi lavori». Si prestava bene Domus Caritatis (che nel solo 2012 ha incassato quasi 6 milioni di euro dal Campidoglio) che poi per esigenze di liquidità, prosegue Buzzi, confluisce in Cascina (dove Ferrara diventa vicepresidente). E il ras della coop e i cattolici del sociale quasi quasi diventano soci veri e propri. Lo racconta ancora il capo della 29 giugno: «Siccome noi eravamo gli unici concorrenti su Roma, (Ferrara) mi propone di conferire tutte le attività della coop in Cascina. Cascina faceva tutto, io mi sarei occupato soltanto di pulizie e rifiuti, Ferrara solo di centri di accoglienza, un terzo della ristorazione».

Ma l'accordo sfuma.

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