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L'Agenzia delle entrate s'inventa la stangata pure sulla musica dance

Cancellato l'evento Sensation di Bologna: tassazione passata dal 20 al 48% in un anno

L'Agenzia delle entrate s'inventa la stangata pure sulla musica dance

Roma - Il cavillo, a metà strada tra il sadico-fiscale e l'anacronistico, suona più o meno così: gli spettacoli musicali dal vivo pagano un tot di tasse. Quelli dove si balla, molto di più del doppio. Tutto quello che sta in mezzo - dalla musica elettronica ai set con il vecchio vinile e con il computer - resta a discrezione dell'esattore di turno.

Può succedere, spiega un dj che vuole restare anonimo, che per fare musica in un bar si paghino 100 euro di permesso Siae (sì, la società degli autori diretta da Gino Paoli, autosospeso per un conto in Svizzera), ma se qualcuno si mette a ballare o, peggio, se al locale viene in mente di mettere qualche luce colorata, si rischiano multe salate e il sequestro di tutta l'attrezzatura per esercizio abusivo di danze.

Come tutte le incongruenze fiscali del Belpaese, anche questa ha già provocato i suoi bei danni, con relative ricadute economiche, turistiche e di immagine. L'ultima ha fatto scalpore nel popolo della Edm, che sta per Electronic dance music ed è l'annullamento del principale appuntamento del genere, il Sensation Italy 2015, era in programma a Bologna il 18 aprile. Una cosa da 10-14mila persone per dare un'idea.

Biglietti in vendita da tempo, prenotazioni che fioccavano da tutta Europa e poi, un paio di giorni fa, la rinuncia all'evento causa tasse. Il comunicato dell'organizzazione - in inglese visto che l'appuntamento ha una rilevanza internazionale - spiega il motivo e dà la dimensione del danno per l'economia locale e anche per l'erario. «Con la recente riclassificazione della manifestazione nella sezione “dancing entertainment” da parte dell'Agenzia delle entrate e della Siae il sold-out ci avrebbe fatto perdere qualcosa come 350mila euro».

In sintesi, fino all'anno scorso il festival era catalogato come appuntamento di musica dal vivo e per questo era tassato al 20%, divisi a metà tra diritti d'autori Siae (sì, quella di Gino Paoli) e Iva. Poi qualcuno si deve essere accorto che se da una parte i dj ormai sono considerati musicisti a tutti gli effetti, a quel festival c'è sempre un sacco di gente che balla. Quindi Sensation è diventato «intrattenimento danzante». Classificazione simpaticamente vintage che fa pensare a una balera o a una Festa dell'Unità (magari quelle tirate in ballo da Gino Paoli), ma che tradotta significa imposizione fiscale al 48%, tra tassa sullo spettacolo, Iva al 22 e il solito 10% della Siae, spiegava nei giorni scorsi un addetto al settore al Resto del Carlino .

Partiti il rimborso dei biglietti e, sui social network, una valanga di proteste degli appassionati di musica elettronica, pronti a emigrare verso altri lidi. Forse in Olanda dove l'imposizione per uno spettacolo simile è all'11%. In ogni caso, a Bologna non si ballerà e al Fisco italiano non andrà un euro.

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