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L'allarme di Confcommercio: "Mancano 230mila lavoratori"

Le emergenze: calo demografico e scarsa formazione. Sangalli: "Il Pil è ancora lontano dai livelli del 2007"

L'allarme di Confcommercio: "Mancano 230mila lavoratori"

La carenza di personale per le imprese del terziario rappresenta una vera e propria emergenza. È quanto è emerso nel corso della conferenza stampa di presentazione del Forum Confcommercio. Solo nella filiera turistica e nel commercio infatti, nel 2023 ci sarà bisogno di 560mila lavoratori in più rispetto al 2022 e di questi il 40% (220-230mila unità) si stima siano introvabili per mancanza di competenze.

Questa percentuale che combacia con le valutazioni di Unioncamere-Anpal riguardo alle ricerche di lavoratori presso le imprese, nelle quali si sostiene che circa il 40% dei posti vacanti sia difficile da coprire. Infatti, prosegue il rapporto, se nel 2023 si osservasse una crescita delle presenze del 15,3% di turisti rispetto al 2019, oltre 500 milioni nell'anno in corso rispetto ai 437 milioni del 2019, solo nelle imprese di alloggio e ristorazione servirebbero 280mila nuovi lavoratori rispetto allo scorso anno, secondo quanto viene illustrato nel rapporto, dati alla mano. Tanto che negli ultimi dodici anni (2011-2022) si calcola che siano spariti in Italia, contando anche la presenza degli stranieri, più di 600mila lavoratori potenziali nella fascia 18-30 anni che avrebbero potuto occuparsi nelle attività stagionali.

Secondo il direttore dell'Ufficio studi di Confcommercio, Mariano Bella, la causa va ricercata nella riduzione dell'offerta dopo la pandemia che ha fatto allontanare figure qualificate o ne ha spostate su altri settori, come le costruzioni. Pesa anche la mancanza di formazione. Un aspetto rilanciato anche dal presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli (nella foto). «Nonostante la forte crescita del turismo, l'economia non decolla, i consumi sono sempre deboli e c'è poi una vera emergenza: mancano all'appello 230 mila lavoratori nella filiera turistica e nel commercio» che, a suo avviso, sono i principali settori in grado di produrre nuova occupazione.

Confcommercio è molto prudente anche rispetto alle prospettiva di crescita economica. Il Pil italiano dovrebbe aumentare dello 0,9% quest'anno e dell'1,2% nel 2024, una previsione inferiore rispetto a quella fissata dal governo nel Def, pari rispettivamente a +1 e +1,5 per cento. «A prezzi costanti, neppure alla fine del 2024 avremo recuperato i livelli aggregati di Pil e consumi (dei residenti) del 2007», osserva il Centro studi. Per una nuova stagione di crescita «mancherebbero ancora 145 euro di Pil a testa e 480 euro di consumi». Ecco perché Sangalli ha sottolineato che bisogna «lavorare per costruire una nuova e più forte fase di sviluppo, per evitare di ripiombare nell'incubo degli zero virgola; gli ultimi due anni ci hanno insegnato che abbiamo le energie per farlo».

Il Def, ha osservato il presidente di Confcommercio, fotografa il 2023 «come spartiacque tra la brillante fase di reazione post pandemica e il 2024 come momento di nuovo impulso alla crescita, basato sulla realizzazione del Pnrr, dentro il rinnovato quadro di regole europee». Il motore di una stabile ripresa non può altro che essere un intervento deciso sulle aliquote.

«All'appello manca il grande tema delle riforme soprattutto quella fiscale», ha osservato Sangalli aggiungendo che «in questo ambito la legge delega di riforma del fisco va nella giusta direzione» in quanto si propone di perseguire «un impulso alla crescita attraverso la riduzione del carico impositivo, contrasto di evasione ed elusione, semplificazione degli adempimenti, certezza del diritto».

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