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L'Alto Adige? Il Bengodi dei jihadisti

Per la procura di Bolzano «le cellule islamiche si installano dove trovano casa e servizi garantiti»

L'Alto Adige? Il Bengodi dei jihadisti

Il paradiso autonomo incastonato sulla porta delle Dolomiti, si riscopre terra promessa di aspiranti jihadisti. La metamorfosi dell'Alto Adige, svelata dalle inchieste che tra Bolzano e Merano hanno sgominato cellule collegate con la rete del terrorismo internazionale, ha trovato terreno fertile nelle maglie larghe delle politiche per la casa, quelle che hanno fatto del capoluogo della provincia autonoma la residenza ideale, agli occhi degli adepti al Califfato, per mimetizzarsi dietro il volto di migranti con famiglie a carico in cerca di asilo, lavoro, e di una nuova vita. È il rovescio della medaglia del welfare al tempo dell'emergenza terrorismo, quello che tra sussidi e alloggi riservati ai cittadini meno abbienti, ha consentito il proliferare silenzioso dell'estremismo radicale nella tranquilla cittadina del Nord Italia, trasformata in una ghiotta base di collegamento logistico con gruppi terroristici oltre-confine, oltre che in fulcro di proselitismo e terminal di smistamento di combattenti da e per la Siria.Ne è convinto anche il procuratore capo di Bolzano, Guido Rispoli, che in un'intervista al Corriere dell'Alto Adige mette in guardia sul pericolo di infiltrazioni che si cela dietro a politiche sociali inclusive ma poco controllate. Dai jihadisti affiliati all'organizzazione «Rawti Shax», facente capo al Mullah Krekar - l'esponente religioso dell'islamismo radicale arrestato in Norvegia contestualmente al maxi blitz dei Ros - che aveva il suo snodo strategico proprio a Merano, fino all'iracheno Muhamad Majid, il presunto terrorista arrestato a Bari per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e già condannato per terrorismo, che secondo gli inquirenti aveva messo gli occhi su Bolzano per ricreare una nuova cellula del terrore: «Perché si sono insediati da noi? Credo - afferma Rispoli - che sia dipeso dal fatto che in Alto Adige vengono riconosciuti contributi sociali maggiori che altrove e allora possa divenire un'opzione residenziale allettante anche per chi non coltivi proposti di convivenza civile». Ecco perché, avverte, servono «criteri più rigorosi di controllo, garantendo assistenza sociale solo a chi realmente se la merita». Basti ricordare che nelle intercettazioni emerse nelle carte dell'indagine di Bari che ha fatto scattare le manette per Majid con l'accusa di fornire supporto ai foreign fighters, l'Alto Adige viene descritto come la destinazione più gettonata per un trasferimento in Italia, grazie alle vantaggiose condizioni economiche. «Se vuoi vivere in Italia è meglio che tu vada a Bolzano ti pagano la casa anche se non lavori» sono le parole dell'iracheno ascoltato dagli inquirenti. Non solo. «Mullah Kawa ha pagato sei mesi l'affitto di casa, dopo glielo hanno pagato i servizi sociali. Adesso sta lavorando, lavora, altrimenti sta a casa e paga tutto il comune, con un mensile per lui sua moglie e i suoi figli». E ancora, tra le ombre jihadiste che gravitavano intorno alla cittadina, circola la certezza che «il sistema che sta a Bolzano è come quello tedesco.

Tutti i curdi che stanno a Bolzano non lavorano e stanno a casa».

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