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"Salvini non ha mai lavorato". Ma Landini la fabbrica l'ha vista poco

Il segretario Cgil all'assalto di Salvini. La sua ultima tuta blu, però, è di 40 anni fa: è passato dalla Fiom alla guida della Confederazione tra cortei, comizi e tv

"Salvini non ha mai lavorato". Ma Landini la fabbrica l'ha vista poco

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Landini al leghista: "Tu, mai lavorato". Ma lui la fabbrica l'ha vista poco

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Uno scambio di complimenti come nemmeno nel Galateo. «Milioni di italiani - attacca Matteo Salvini - non possono essere ostaggio di Landini che vuole organizzarsi l'ennesimo week end lungo». «Salvini - replica Maurizio Landini - che in vita sua non ha mai lavorato, pensa al suo week end». Botta e risposta. La Lega contro la Cgil.

Eleganza, da una parte dall'altra. E però, va detto, l'accusa del leader sindacale è assai coraggiosa. Anzi, temeraria. Basta dare un'occhiata alla sua biografia per cogliere una traiettoria: unica. Emiliano di Castelnuovo de' Monti, classe 1961 e dunque non proprio contemporaneo del suo antagonista nato non più tardi nel 1973, Landini mischia la fatica dell'estrazione popolare con l'esperienza del lavoro in giovanissima età.

In pratica, il bisogno di far quadrare i conti, gli taglia la strada e sbarra gli studi: dopo le medie, non riesce a diventare geometra perché non può permettersi il lusso di rimanere sui banchi di scuola. Con ogni probabilità, in quell'epoca il week end lo vede con il binocolo.

La realtà non fa sconti e gli presenta il conto dopo solo due anni di superiori. Deve contribuire al mantenimento della famiglia: il papà è cantoniere, la mamma casalinga, i soldi non bastano come non bastavano quasi mai negli anni Settanta in molte famiglie. Fra i sedici e i diciassette anni è apprendista saldatore.

Sembra l'incipit di una vita che è dura routine, fra reparti, mensa e tornelli. Ma Landini è Landini, non una tuta blu come le altre. Il talento emerge e disegna la sua strada: diventa delegato sindacale della Fiom e si divide fra la fabbrica e le assemblee dove comincia a mostrare le sue doti affabulatorie e la sua capacità di leadership. Il carisma, se vogliamo speculare a quello di Salvini, lo porterà lontano: il 24 gennaio 2019 viene incoronato segretario della Cgil, posizione altissima, che garantisce l'ingresso nel pantheon della sinistra.

Insomma, se dobbiamo utilizzare la stessa moneta scambiata nell'invettiva contro Salvini, non andiamo lontano. Il leader della Lega inizia come consigliere comunale, nel 2004 è europarlamentare, poi deputato e senatore, a dicembre 2013, dunque ormai dieci anni fa, conquista la poltrona di segretario di un partito che si identificava con il nome del fondatore Umberto Bossi. Qualcuno parla di parricidio, ma questa è un'altra storia: se Salvini ha sempre mangiato pane e politica, Landini ha passato una vita fra i cortei, gli altoparlanti e gli striscioni.

Dunque, schematizzando, uno stava di qua e uno di là del tavolo delle trattative, quelle che per definizione proseguivano nella notte fra panini e caffè, ma nemmeno il numero uno della Cgil può vantare una grande consuetudine con lo stabilimento, la catena di montaggio, i fumi e tutto il resto, come da letteratura dell'industria del secondo Novecento.

Rappresentava e rappresenta i lavoratori, più o meno dagli anni Ottanta, quando Salvini era un ragazzo nella Milano craxiana e non era ancora un militante del Carroccio ma si preparava ad andare in tv, come avrebbe fatto nell'88 partecipando a Doppio slalom con la conduzione di Corrado Tedeschi.

Anche Landini se la cava benissimo davanti a microfoni e telecamere. Nessuno, che si sappia, l'ha più visto impugnare il trapano, magari indossando gli occhiali protettivi. Tutti invece l'hanno osservato sul palco di infinite manifestazioni.

E di altrettante requisitorie contro il centrodestra.

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