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Lanzalone era il Mr. Wolf del M5s Fraccaro lo voleva anche a Torino

Il «tuttofare» arrestato fu consigliato alla Appendino, che disse no

l presidente di Acea Luca Lanzalone e il soprintendente di Roma Francesco Prosperetti
l presidente di Acea Luca Lanzalone e il soprintendente di Roma Francesco Prosperetti

Un uomo per tutte le stagioni, e per tutte le città. Questo nel M5s era Luca Lanzalone (nel tondo) per gli amici Mr. Wolf. Un problem solver utilizzato alle più diverse latitudini del grillismo: importato da Genova, città di Beppe Grillo, ha superato il «battesimo del fuoco» a Livorno con la partecipata Aamps, infine era diventato il «braccio destro» di Virginia Raggi nel girone infernale del Campidoglio. Tanto bravo da essere «premiato» nel ruolo di presidente di Acea, super partecipata romana nei settori di acqua ed energia. Poi Lanzalone è finito in galera, accusato di corruzione, a margine dell'inchiesta sul cosiddetto «sistema Parnasi», fatto di mazzette, facilitazioni politiche e favori. Ma Mr. Wolf non è stato rinnegato completamente: siede nel Cda di Acea e, soprattutto, il suo studio difende ancora il M5s, ad esempio nel processo di Genova per l'uso di nome e simbolo dei pentastellati. E si viene a sapere, da un retroscena dell'edizione torinese del Corriere della Sera, di un'altra chiamata. Alla corte della sindaca Chiara Appendino, sotto la Mole.

Lanzalone, grande esperto di grane nelle società comunali, avrebbe dovuto avere il compito di aiutare l'amministrazione sul complesso dossier della Gtt, l'azienda del trasporto pubblico torinese. Secondo i rumors, stavolta, il «padrino» dell'avvocato genovese è stato Riccardo Fraccaro. Lui avrebbe consigliato al cerchio magico della Appendino di affidarsi a Mr. Wolf per risolvere il problema della travagliata partecipata del Comune. Mentre a Roma, «il regalo Lanzalone» è stato fatto alla Raggi dal gemello diverso di Fraccaro, Alfonso Bonafede, sponsor del legale ligure anche con Filippo Nogarin, sindaco di Livorno.

Ma che cosa sia andato storto nella trattativa tra i vertici del Movimento e gli sherpa di Torino è un mistero. Alla fine, Appendino, dopo un consulto tra «pochi intimi» ha detto no. Ciò non basta però ad assolvere il «metodo» della sindaca. Messo all'indice all'interno della stessa maggioranza. Marco Chessa, consigliere comunale M5s da qualche tempo critico nei confronti della giunta, contattato dal Giornale dice: «Su Lanzalone non so rispondere». Perché? «Il sindaco e la giunta da una parte e noi dall'altra ormai viaggiamo su binari completamente diversi, non c'è nessuna condivisione delle scelte, niente comunicazioni». Aggiunge: «Bisogna parlare con quelli in alto per capire cosa succede, un gruppo ristretto, o meglio direttamente con il sindaco, sembrerà strano ma io questa cosa l'ho letta dai giornali».

Similitudini tra i volti del grillismo al governo nelle città. Trasparenza a corrente alternata, cerchi magici, sindache descritte come paranoiche e terrorizzate da faide interne e trappole, stress e sindrome da palazzo assediato.

Con Lanzalone o senza.

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