Economia e finanza

L'appello di 268 paperoni: "Fateci pagare più tasse"

Lettera a Davos: "Investiamo sul comune futuro democratico". Il ruolo dei miliardari e i rischi di patrimoniale

L'appello di 268 paperoni: "Fateci pagare più tasse"

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L'appello di 268 paperoni: "Fateci pagare più tasse"

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Fateci pagare, siamo super ricchi.

Mai visto qualcuno che si espone pubblicamente per versare tasse più alte? Se andate sul sito proudtopaymore.org ne troverete tanti, con nome e cognome. Un elenco di 268 di milionari di tutto il mondo, che chiedono un fisco più equo (e quindi più perfido con loro che hanno redditi a sei zeri), per ridurre le sperequazioni economiche e investire sul miglioramento dei servizi pubblici.

I generosi paperoni hanno anche scritto all'élite politica riunita a Davos per il World Economic Forum. «Saremmo orgogliosi - si legge nella missiva - di pagare di più. Questo non altererà radicalmente il nostro tenore di vita, non depriverà i nostri figli e non danneggerà la crescita economica delle nostre nazioni. Ma trasformerà la ricchezza privata estrema e improduttiva in un investimento per il nostro comune futuro democratico. Vi chiediamo di compiere questo passo necessario e inevitabile prima che sia troppo tardi. Rendete orgogliosi i vostri Paesi. Tassate la ricchezza estrema».

Tra i firmatari ci sono esponenti di alcune delle più potenti casate americane come Abigail Disney e Valerie Rockefeller, attori come Brian Cox (peraltro interprete di un miliardario nella serie Succession appena premiata agli Emmy Awards) e perfino tre italiani: Martino Cortese, erede della dinastia alla guida di Amplifon, e Giorgiana e Guglielmo Nortarbartolo di Villarosa, nipoti del conte Paolo Marzotto.

La richiesta, apparentemente filantropica, lascia piuttosto perplessi. Come sa chiunque mastichi nozioni elementari di economia, un conto è tassare i redditi e un altro i patrimoni: un po' per ragioni ideologiche - la patrimoniale è un tabù in molti Paesi, compresa l'Italia - un po' perché i patrimoni molto alti sono spesso difficilmente intercettabili dal fisco, che si muove con logiche novecentesche non adeguate a monitorare strumenti finanziari sempre più complessi. È questo che consente, ad esempio, alle 25 persone più ricche degli Stati Uniti, come dimostrato tempo fa dai documenti dell'Internal Revenue Service forniti da una mano anonima e pubblicati da ProPublica, di pagare nel 2018 appena 1,9 miliardi di tasse a fronte di un patrimonio totale di 1.100 miliardi, contro i 143 miliardi che hanno versato quei 14,3 milioni di normali salariati che tutti assieme dispongono della stessa ricchezza. Una sperequazione evidente resa possibili da strumenti legali di elusione fiscale indisponibili ai comuni mortali. Secondo l'Ue Tax Observatory tassare anche solo del 2 per cento i patrimoni ingenti consentirebbe di rastrellare 250 miliardi di dollari l'anno, che certamente potrebbero essere reinvestiti in servizi e in un processo di sburocratizzazione che andrebbe a vantaggio anche dei paperoni. Messa così non sembrerebbe esserci dubbi su cosa sarebbe giusto fare.

Ma tra il populismo fiscale e la realtà forse è giusto trovare una sana via di mezzo.

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