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Il disegno del premier per colonizzare la Rai

Chi tocca la Rai prende la scossa. È la regola d'oro da cui nessun governo pare immune

Il disegno del premier per colonizzare la Rai

Chi tocca la Rai prende la scossa. È la regola d'oro da cui nessun governo pare immune. E, certo, la scelta di rinnovare il consiglio di amministrazione con la legge Gasparri non ha contribuito a tenere beghe e polemiche lontane da viale Mazzini. Matteo Renzi, dolcemente intervistato mercoledì scorso dal direttore del Tg3 Bianca Berlinguer, ha però cercato di sedare la tensione scoppiata tra Pd, Raitre e l'ex Telekabul dopo quello che è stato definito «l'editto bulgaro» del renzianissimo deputato Michele Anzaldi.

«Nessuna lista di proscrizione», ha assicurato il premier. Che, guarda un po', ha evitato di prendere le distanze dal suo parlamentare. Difficile, d'altra parte, pensare che l'esponente dem, per quanto in autonomia, possa aver agito lontano dal sentiment di Palazzo Chigi. Più probabile, invece, che abbia tarato male la potenza del siluro. Da qui la necessità di Renzi di siglare una tregua. Anche se, per quanto possa prendere le distanze, il presidente del Consiglio non è affatto estraneo alla partita sulla tv pubblica. È stato lui, infatti, a lanciare il primo attacco contro i talk show, tra cui Ballarò , nel bel mezzo di una direzione del partito dedicata a tutt'altro, cioè le riforme. «Fanno meno ascolti di Rambo», è stato l'anatema. Veicolato con cura dal suo portavoce Filippo Sensi anche la settimana successiva. «Occhio a Rambo», il messaggio che ha girato via sms e whatsapp ai giornalisti che seguono Palazzo Chigi dopo che Rambo II aveva bissato il successo del primo episodio. Così, il direttore di Raitre Andrea Vianello è stato convocato in Vigilanza e sottoposto a una sorta di processo politico—editoriale da parte dei commissari dem per aver concesso l'apertura delle prime due puntate di Ballarò a due grillini.

Se questa è la polemica del momento, tuttavia, la strategia di Renzi sulla Rai sembra essere di più lungo respiro. Al Tg3, infatti, il premier ha detto anche un'altra cosa: «C'è un signor direttore generale, farà lui le scelte da fare. Da parte nostra, c'è pieno sostegno per l'indipendenza». Ma il premier sa bene che in ballo c'è la riforma della governance di viale Mazzini. Dopo aver dovuto rinunciare al varo entro l'estate, adesso Renzi vuole che sia legge almeno entro fine anno. Quando accadrà, la figura del dg si tramuterà in amministratore delegato, con poteri e margini di manovra superiori a quelli di chiunque in passato abbia gestito la Rai.

E il dg è il renzianissimo Antonio Campo Dall'Orto.

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