Cronache

L'assassino di Pamela nega. È uno spacciatore nigeriano

Ironia del destino: si chiama Innocent e il permesso di soggiorno era scaduto. Si cercano possibili complici

L'assassino di Pamela nega. È uno spacciatore nigeriano

«Smetterò di fumare, quando la realtà sarà più bella dei miei viaggi». Pamela Mastropietro lo aveva scritto su Facebook, due anni fa. Ma di fumare non ha smesso mai e piano piano la diciottenne, faccia d'angelo e un inferno nel cuore, è caduta nel girone della droga, quella pesante, dove tre giorni fa ha incontrato il suo assassino.

Ironia della sorte il mostro, accusato di averla fatta a pezzi e di aver nascosto i resti dentro due trolley, si chiama Innocent. Si, proprio così, Innocent Oseghale, nigeriano di 29 anni, precedenti per spaccio e un permesso di soggiorno scaduto dalla primavera 2017.

È stato lui a trascinarla verso quel viaggio, l'unico che la ragazza di Roma non avrebbe mai voluto fare e che si è interrotto in un fossato in via dell'Industria, tra Pollenza e Casette Verdini, dove mercoledì è stato ritrovato il corpo, grazie alla segnalazione di un automobilista. I sogni di Pamela, invece, quelli di uscire dal tunnel, di essere felice con il fidanzato, di seguire le orme della mamma estetista, sono sfumati, poche ore prima, in via Spalato 124, dove lo spacciatore viveva e dove la vittima è stata vista viva l'ultima volta. I carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Macerata lo hanno inchiodato grazie alla testimonianza di due persone, ma non è escluso che nelle prossime ore possano scattare altri fermi per eventuali complici. Pamela il 29 gennaio si era allontanata dalla Comunità di recupero «Pars» di Corridonia dove era in cura da ottobre scorso per tossicodipendenza.

La famiglia e gli operatori avevano lanciato subito l'allarme, sperando di riuscire a riportarla in comunità, come già accaduto in passato. Ma il suo corpo smembrato in dieci parti e trovato in due trolley ha annientato l'illusione. Le indagini, basate sulla mappatura delle telecamere della zona, mostrano che martedì mattina la diciottenne era ancora viva. I filmati la inquadrano in una farmacia di via Spalato, con accanto lo stesso borsone rosso usato più tardi dal nigeriano, che nelle immagini compare alle sue spalle. Anche una testimone, di nazionalità italiana, racconta ai militari di aver notato lo straniero mentre segue Pamela fuori dalla farmacia, dove lei ha appena comprato una siringa. Un tassista del Camerun, invece, si reca in caserma e dice di aver portato Oseghale martedì sera proprio a Casette Verdini. Le due testimonianze dettagliate hanno fatto scattare la perquisizione in via Spalato, dove il ventinovenne, che ha una compagna e una figlia, viene bloccato grazie ad appostamenti disposti su indicazione del pm Stefania Ciccioli. Dentro l'appartamento mercoledì gli uomini del Ris hanno trovato i vestiti della vittima, sporchi di sangue, e altre tracce ematiche, insieme allo scontrino della farmacia. È innegabile che la mattanza sia stata compiuta lì, ma non è chiaro se la ragazza sia stata massacrata in un raptus di follia o sia morta, dopo la cessione della droga, per overdose e a quel punto lo spacciatore, impaurito, abbia deciso di sezionarla per nascondere più facilmente il cadavere. L'autopsia effettuata dal medico legale Antonio Tombolini non ha ancora chiarito le cause del decesso. Bisognerà attendere gli esami tossicologici ma i primi accertamenti non hanno rilevato segni di violenza sessuale sulla vittima.

L'arma utilizzata non è stata ancora trovata e il nigeriano, sotto torchio per ore, ha negato la responsabilità del delitto, ammettendo invece di aver seguito Pamela martedì a Pollenza, ma di averla lasciarla andare. Il racconto non ha convinto il magistrato, che ha disposto il fermo di Oseghale per omicidio volontario e occultamento di cadavere.

«Spero e prego che giustizia sia fatta! - si è sfogata su Facebook Alessandra Verni, la mamma di Pamela - Quello che le hanno fatto è indescrivibile, è così crudele che spero di vederli soffrire lentamente, fino alla morte».

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