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Bomba dei fratelli musulmani. Ucciso il giudice anti Califfato

L'attentato è stato rivendicato dal gruppo Moqawma al Shabia Il presidnte egiziano Al Sisi: "Pugno di ferro contro il terrorismo"

Bomba dei fratelli musulmani. Ucciso il giudice anti Califfato

Gliel'avevano promessa e ieri l'hanno fatto fuori. Ma la vendetta della Fratellanza Musulmana è anche un autogol o, meglio, un esplicita auto-criminalizzazione. L'assassinio del procuratore generale egiziano Hisham Barakat, dilaniato ieri da un'autobomba esplosa ad Heliopolis, il quartiere del Cairo dove risiedono le personalità più vicine al governo, è la prova evidente della deriva terroristica del movimento islamista.

Fino a ieri i Fratelli Musulmani potevano recriminare di aver vinto democraticamente le elezioni presidenziali del 2012 e di esser stati messi fuorigioco solo grazie al colpo di stato del 3 luglio 2013. Ma da ieri quelle recriminazioni non valgono più. L'attentato costato la vita a Hisham Barakat e rivendicato da Moqawma al Shabia, una cellula terroristica notoriamente vicina alla Fratellanza Musulmana, prova che il movimento islamista ha definitivamente saltato il fosso e usa l'assassinio politico come un'arma politica. E a rendere più inquietante l'operazione di Al Shabia s'aggiunge il sospetto di un possibile alleanza con lo Stato Islamico. Non più tardi di un mese fa Ansar Beit al-Maqdis, la cellula armata del Sinai legata al Califfato ha invitato esplicitamente a colpire ed uccidere i magistrati. Certo il procuratore generale spirato ieri pomeriggio all'ospedale di Heliopolis non era propriamente un magistrato al di sopra delle parti.

Grazie all'inflessibile regia garantita dal giudice 65enne il regime del presidente Abdel Fattah al Sisi è riuscito a far emettere sentenze di morte per il deposto presidente Mohammed Morsi e per centinaia di altri militanti della Fratellanza Musulmana. Senza contare le pene detentive che hanno praticamente decimato il movimento.

«La resistenza popolare rivendica l'attacco contro il procuratore generale del golpe», afferma il comunicato con cui Moqawma al Shabia ha rivendicato l'assassinio messo a segno proprio alla vigilia del secondo anniversario della deposizione di Mohammed Morsi. Stando alle notizie fatte trapelare da un portavoce del Ministero dell'Interno egiziano, l'auto bomba esplode durante le prime ore della mattina mentre «il procuratore generale Hisham Barakat lascia la sua abitazione per raggiungere il suo ufficio nel quartiere di Heliopolis». Secondo la stessa fonte «la carica esplosiva nascosta all'interno dell'auto viene azionata a distanza attraverso un telecomando» e grazie alla sua potenza «distrugge dieci automobili parcheggiate intorno al luogo dell'attentato». Sulle prime le fonti ufficiali parlano di leggere ferite, ma ben presto si capisce che la situazione è ben più seria. «Per un attimo ho pensato che l' appartamento si fosse staccato dall'edificio e fosse ricaduto a terra. Quando me ne sono accorto ho urlato siamo tutti morti», racconta alla televisione Khaled Youssef, un ragazzo uscito da un palazzo poco distante dal luogo dell'esplosione. Ed infatti poche ore dopo arriva puntuale la notizia del decesso attribuita, ad una «forte emorragia interna con danni ai polmoni e allo stomaco». Il ministro degli esteri Paolo Gentiloni ha immediatamente condannato l'uccisione del procuratore generale esprimendo la sua solidarietà al governo del Cairo.

«Il terrorismo produce solo escalation - ricorda Gentiloni parlando da Ramallah, nel corso di una visita ai territori palestinesi - e temo che lo vedremo anche in Egitto.

L'idea che se ci sono discussioni o obiezioni la parola invece che al dibattito, passi alle armi e al terrorismo - ha aggiunto - non favorisce minimamente le soluzioni, ma produce solamente una escalation di nuove violenze».

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