Cronache

L'Austria ci ordina di arrestare la ladra rom che noi lasciamo libera

Condannata a scontare 19 anni, ma in Italia non va in cella perché ha 11 figli. Ora la svolta

L'Austria ci ordina di arrestare la ladra rom che noi lasciamo libera

In Italia doveva scontare 19 anni e 10 giorni di carcere. Il frutto di un'interminabile serie di condanne, una quarantina, per furto e scippo. Con una specializzazione nel campo, assai appetitoso, delle carte di credito e dei bancomat. Ma fino a pochi giorni fa, Meri Secic, considerata anche dalla stampa italiana la regina dei borseggi, era libera. Perché madre di 11 figli e incinta del dodicesimo.

Ora la svolta. La donna, rom trentatreenne di cittadinanza croata, è stata arrestata con mandato di cattura europeo su richiesta dell'Austria e l'altro ieri, a sorpresa, la corte d'appello di Roma ha deciso di tenerla in cella e di estradarla a Vienna. Un verdetto che segna il destino della donna che finora era sempre stata denunciata a piede libero o era uscita dalla cella dopo una detenzione lampo, sfruttando le maglie larghe della legislazione tricolore.

Gli austriaci in un dettagliatissimo rapporto le avevano addebitato 358 furti. Un record. E alla fine è stata proprio la determinazione degli austriaci ad incastrarla. Vienna vuole processarla e per questo ha indicato uno per uno i 358 addebiti, suddividendoli in tre gruppi di 152, 105, 101 episodi. E inserendo il tutto nel quadro delle attività di una banda cui vengono attribuiti la bellezza di 2.034 reati. Per questo il reato contestato dal procuratore della repubblica di Vienna è l'associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di reati contro il patrimonio. Non solo, dettaglio quasi incredibile, il periodo preso in esame è brevissimo: dal 2015 al 2017. Insomma, i crimini, se dobbiamo credere all'impostazione dell'accusa, si susseguivano con cadenza quasi quotidiana. Eppure, mentre l'Austria confezionava il pacchetto, lei era di nuovo libera. Utilizzando la doppia protezione stabilita dal legislatore per tutelare le madri: la carcerazione preventiva può essere stabilita per chi abbia figli di età inferiore ai sei anni solo per motivi di «eccezionale rilevanza». In pratica, almeno finora, mai o quasi mai. La Secic veniva fermata e usciva, oppure collezionava denunce. E pene teoriche: lo scudo scattava anche quando i tribunali emettevano le sentenze e le condanne diventavano definitive. In questo caso la linea tratteggiata dalle norme è ancora più favorevole: la madre con prole inferiore ai dieci anni raramente va in galera. E cosi Meri Secic, inseguita da un numero spaventoso di sentenze, era tranquillamente fuori. Tanto da far ritenere che, almeno nel suo caso, il reato di furto fosse stato abrogato dal combinato disposto fra la legge «buonista» e l'interpretazione altrettanto elastica della norma da parte della magistratura.

In Austria però la pensano diversamente e vogliono giudicarla: così nel mandato di arresto europeo sono indicati minuziosamente non solo tutti gli illeciti, ma anche le date, gli eventuali complici, le parti offese. La corte d'appello di Roma si è trovata così davanti a un bivio: spedire la signora a Vienna oppure proseguire con la politica giudiziaria sin qui seguita. Scarcerarla dunque e lasciarla tornare al campo di Pomezia, in provincia di Roma, dove era stata bloccata. Per la verità, anche il mandato di arresto europeo trova un limite nelle garanzie poste a tutela della maternità: qui l'asticella è fissata ai tre anni del bebè. Ancora una volta, la Secic avrebbe potuto farla franca, perché incinta. Ma i giudici hanno preferito allinearsi al rigore austriaco «per la eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari». Meri Secic resta a Rebibbia e presto, se la Cassazione confermerà il provvedimento, andrà a Vienna.

In carcere.

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