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Lega-M5s divisi nelle piazze. Voglia di tregua con il voto

I due partiti già in campagna elettorale da separati Ma partendo dal contratto cercano una via d'intesa

Lega-M5s divisi nelle piazze. Voglia di tregua con il voto

«Alleati» alle urne, in competizione nelle piazze. Oppure «marciare divisi per colpire uniti», in una sorta di patto di non belligeranza per dividersi la prossima torta elettorale che, per Lega e Movimento Cinque Stelle, si annuncia ghiotta. Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno dato il via alla campagna elettorale. Il leghista da Terni, il grillino da Fiumicino. E continuano, nei fatti, ad agire come un sol uomo.

Il segretario del Carroccio l'ha detto quasi in modo esplicito: «Voglio ringraziare Luigi Di Maio e il M5s. Non ci conoscevamo, partivamo da posizioni distanti. Ma in queste settimane c'è stata intesa». Quindi la minaccia all'alleato Berlusconi che ha parlato «come la Merkel». Salvini nell'intervista a Repubblica ha aggiunto: «Il contratto non sarà carta straccia, continueremo a lavorare insieme». Non si capisce però ancora quale sarà la formula del patto futuro. Perché, almeno ufficialmente, il leghista non ha abiurato all'alleanza di centrodestra. E Forza Italia non voterà la fiducia a Carlo Cottarelli. Di sicuro i gialli e i verdi non si faranno la guerra e c'è chi parla di una «non aggressione» per spartirsi i collegi. Il Nord a Salvini, il Sud a Di Maio.

Nel Movimento, invece, vanno avanti a glissare sull'argomento. A mezza bocca i parlamentari di rito «dimaiano» smentiscono le voci di un'irritazione nei confronti del braccio di ferro della Lega sul nome di Savona. E sperano, come da strategia post 4 marzo, che il Carroccio «abbandoni Berlusconi e il centrodestra». L'unico a strappare dalla censura della comunicazione grillina è il deputato campano Carlo Sibilia. L'ex «ortodosso» avvicinatosi al capo politico, l'ha sparata grossa con il Messaggero: «L'alleanza elettorale con la Lega è una conseguenza del tutto naturale». Per l'Istituto Cattaneo un cartello elettorale gialloverde «consentirebbe ai due partiti di conquistare all'incirca il 90 per cento dei seggi nelle due Camere». Il 94 per cento dei collegi a Montecitorio e il 90 per cento a Palazzo Madama. Un vero «cappotto».

Il M5s, però, si sta dimostrando, alla prova dei fatti, molto meno monolitico rispetto alla Lega, compatta intorno al «capitano» Salvini. I malumori della fronda restano. Quei parlamentari grillini che hanno accettato con il mal di pancia il «contratto elettorale» non escludono di scappare via dal Movimento in caso di alleanza con la Lega, anche se mascherata da patto di non aggressione elettorale. E i numeri, confermano, sono in evoluzione. Potrebbero essere molti di più dei cinque senatori che erano in bilico sull'appoggio al defunto esecutivo Di Maio-Salvini. Però la stretta sui «critici» al dialogo con la Lega è molto pesante. Un uomo vicino a Beppe Grillo, al Giornale racconta di un clima da caccia alle streghe: «Chiunque si è permesso di criticare il contratto e alcuni esponenti del cerchio magico di Luigi è stato richiamato all'ordine con messaggi inviati dallo staff sul telefonino». E intanto Roberto Fico, presidente della Camera, sembra sempre più neutrale rispetto alle contorsioni politiche del M5s. Resta in silenzio, twitta messaggi di supporto alle Ong e riceve, come da prassi, il nuovo premier incaricato Carlo Cottarelli. Sorrisi e cordialità a Montecitorio, come si vede dalle immagini diffuse dai canali social della Camera.

I dioscuri, Di Maio e Salvini, occhieggiano a una collaborazione in funzione delle prossime elezioni. Ma continuano a sfidarsi negli appelli al popolo. E in questa gara rientra l'attacco comunicativo sferrato dal Movimento con la richiesta di impeachment nei confronti del presidente Mattarella.

«Non lasciare la piazza alla Lega» è il mantra.

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