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La Lega sale, M5s ai minimi: lo spread che turba Di Maio

I sondaggi, con il Carroccio che allunga, preoccupano il capo grillino. Cresce il timore del ribaltone di Salvini

La Lega sale, M5s ai minimi: lo spread che turba Di Maio

L'istantanea dell'aula di Montecitorio, ieri pomeriggio, restituiva l'immagine di una maggioranza con un grande futuro già dietro le spalle.

Da una parte i grillini in visibilio che si scalmanavano in applausi per l'approvazione (in prima lettura) del cosiddetto provvedimento «anticorruzione», dall'altra i leghisti immobili e gelidi dopo aver ingoiato l'ennesimo provvedimento indigesto. Del resto non avrebbero potuto fare altrimenti, visto che il decreto Sicurezza di Salvini deve ancora passare alla Camera: la fiducia è prevista lunedì.

La foto di una maggioranza che va avanti per convenienza e non per convinzione. E del resto bastava vedere ieri uno degli uomini chiave del governo, quel Giancarlo Giorgetti che grillini avevano messo nel mirino accusandolo di essere la solita «manina» dietro l'inciampo del decreto anticorruzione sull'emendamento che ha mandato sotto la maggioranza. Bersagliato di veleni alleati, ieri Giorgetti è entrato nell'aula di Montecitorio e ha ostentatamente evitato di andarsi a sedere nei banchi del governo, dirigendosi invece verso quelli della Lega. Più tardi, Luigi Di Maio ha chiuso l'incidente, per evitare che la tensione tra i due partiti si innalzasse ulteriormente: «Leggo da qualche parte che ci sono accuse M5s a Giorgetti - dice il vicepremier della Casaleggio -. Non è così, smentisco. Lui è in mezzo a tensioni per le quali c'è la solidarietà di M5s perché forse dà fastidio al Coni e a Malagò», conclude buttandola, come si suol dire, in caciara. Ma mettendo la pezza sull'ennesimo sbrego nei rapporti tra gialloverdi.

La Lega morde il freno: i numeri in Parlamento la costringono ad abbozzare su molti fronti, e a mordersi la lingua: «Nelle commissioni è un disastro, i Cinque stelle hanno un personale politico totalmente impreparato e incapace di gestire i provvedimenti, fanno pasticci, non capiscono procedure e testi di legge, rischiamo incidenti in continuazione», si sfogano in privato gli esponenti del Carroccio. Nei Cinque stelle l'umore non è migliore: a spaventare è soprattutto l'unico spread che sta a cuore a Gigino Di Maio e ai suoi. Quello dei sondaggi: l'ultima «supermedia» sfornata da YouTrend sulla base delle rilevazioni della settimana vede i grillini in picchiata al 26,2%, un punto secco in meno in quindici giorni. E soprattutto conferma un trend costantemente negativo per il partito della Casaleggio, che da marzo perde 6 punti. Mentre la Lega resta stabilmente assestata intorno al 30%. E cresce l'intera area di centrodestra che risale fino a sfiorare il 10%, alimentando il timore grillino che, dopo le Europee, Salvini possa puntare a far saltare il banco e provare a prendersi palazzo Chigi. Il secondo forno del centrodestra (con un drappello di transfughi grillini che, spiegano in Parlamento, sono facili da reperire soprattutto tra le file dei deputati e senatori di seconda legislatura, che nulla hanno da perdere visto che in base alle attuali regole non saranno ricandidati) è uno spauracchio per M5s. Ragion per cui gli uomini di Di Maio fanno circolare voci su una ripresa di contatti con il Pd, nella speranza che nella stagione post-renziana, magari con un nuovo segretario meno ostile ai Cinque stelle come Zingaretti, anche per loro si possa aprire un nuovo forno. Nel frattempo, però, la maggioranza dei separati in casa ha un collante potentissimo che la tiene insieme: la gestione del potere, l'abbuffata di nomine da fare.

E l'idea di fondo che li tiene lì: «Quando ci ricapita?».

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