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"Leggi 5s scandalose". Renzi a parole rompe ma le ha votate tutte

L'ex premier avverte: "Non ci grillizzeremo". Però da settembre ha già ceduto su più fronti

"Leggi 5s scandalose". Renzi a parole rompe ma le ha votate tutte

Matteo Renzi minaccia di far cadere il governo. Ma la pistola è scarica. Il bluff dell'ex rottamatore è smascherato. Dal taglio dei parlamentari allo stop alla prescrizione: il leader di Italia Viva si è grillizzato. Rinuncia alle proprie battaglie politiche per tenere in vita l'esecutivo. Dalla nascita del governo Conte Bis ad oggi: Renzi ha ingoiato tutti i rospi. Tante parole. Ma pochi fatti. Ad ogni minaccia è arrivato poi, puntuale, il passo indietro.

Ancora una volta il senatore di Scandicci - dalle pagine di Repubblica - lancia alla maggioranza giallorossa un messaggio che sembra un ultimatum ma non lo è: «Per me la legislatura deve andare a scadenza naturale. E deve eleggere nel 2022 il presidente della Repubblica. Ma senza aumentare le tasse o fare norme populiste, giudiziarie o economiche. Al 2023 arriveremo con le nostre idee, non grillizzati. Non saremo mai la sesta stella di Beppe, non ci iscriveremo alla piattaforma Rousseau». Ma più va avanti il governo e più Renzi rischia di essere la prima stella del Movimento. Altro che sesta. La pistola puntata contro il governo è finta. C'è da scommettere che Renzi su prescrizione e revoca delle concessioni non vada fino in fondo ma si allinei alla posizione del M5s.

Nel frattempo la minaccia (finta) è sul tavolo anche in tema di giustizia: «La norma Bonafede sulla prescrizione è uno scandalo, entrato in vigore solo grazie ai voti di Salvini. Un processo senza fine è la fine della giustizia. Vedremo quali strumenti tattici utilizzare per risolvere il problema. Ma in Parlamento su questo tema oggi Bonafede è in minoranza: se propone una mediazione, bene. Altrimenti, si voti in Aula e vediamo come va. Noi tra il giustizialismo e lo stato di diritto sappiamo benissimo da che parte stare. Gli altri decideranno».

Cosa farà Renzi? Manderà all'aria l'esecutivo? O ingoierà il rospo. D'altronde non è la prima volta che Renzi si ferma alla minaccia. Un metro prima dello strappo. All'ultimo miglio va in ritirata. Era già accaduto sul taglio dei parlamentari. Ma poi ha votato il provvedimento grillino. Per non citare gli annunci dell'ex presidente del Consiglio su quota 100 e reddito di cittadinanza: due provvedimenti che aveva promesso di modificare. Una promessa rimasta tale. Altro bluff (scontato) renziano va in scena sulla revoca delle concessioni al gruppo che fa capo alla famiglia Benetton: «Se qualcuno vuole revocare la concessione ad Autostrade per la vicenda del ponte Morandi si presenti in Parlamento con un disegno di legge. Il Parlamento è sovrano: si discuterà e la maggioranza deciderà. Ma utilizzare il Milleproroghe aprendo un potenziale caos normativo e facendo crollare la fiducia degli investitori esteri sull'Italia è roba da azzeccagarbugli di provincia». Ma intanto il primo passo verso la revoca è stato compiuto con il Milleproroghe approvato dal governo che i renziani sostengono. Tanta propaganda. E poca azione.

L'ultima beffa arriva con l'idea, lanciata da Nicola Zingaretti: Giuseppe Conte federatore del centrosinistra. Italia Viva boccia la proposta: «È il premier, lo rispetto, ma ricordo le sue frasi sul populismo, sul giustizialismo, sulla Diciotti, sul reddito di cittadinanza, su quota 100. Se però per Zingaretti Conte è l'uomo giusto, amici come prima. Per noi non lo è stato, non lo sarà: con lui governiamo in condizioni emergenziali», dice Renzi.

Ma le probabilità di una retromarcia (l'ennesima) sono altissime.

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