Sisma Centro Italia

Il leone di viale Mazzini è agonizzante ma nell'emergenza torna a ruggire

Il leone di viale Mazzini è agonizzante ma nell'emergenza torna a ruggire

La zampata del cavallo agonizzante, quel cavallo che troneggia davanti al palazzo di viale Mazzini: in questi tragici giorni del terremoto nel Lazio, in Umbria e nelle Marche, il servizio pubblico è tornato a essere la Rai degli italiani. Se, come consigliere d'amministrazione dell'ente radiotelevisivo, nei mesi scorsi, avevo criticamente puntato il dito sulla qualità, la rapidità e l'obiettività delle cronache fornite ai telespettatori - due esempi tra i tanti: l'incidente ferroviario in Puglia e il folle raid di Nizza del 14 luglio -, adesso, da vecchio addetto ai lavori, debbo ricredermi. Perché, al di là dei dati sull'audience, almeno il primo giorno, la qualità e la velocità dell'informazione sono state mediamente eccellenti. Se la Rai ha dominato l'estate con i campionati europei di calcio e con le Olimpiadi (ma a quali costi?), la vera sfida è risultata la copertura di questi drammatici giorni del dopo-sisma. Dalle edizioni straordinarie di Porta a porta al di là delle polemiche per due frasi pronunciate da Vespa e il ministro Delrio che hanno scatenato i social - ai tanti Tg mandati in onda già all'alba di quel tragico 24 agosto, alle emozionanti «dirette» dei salvataggi delle vite sepolte nelle macerie del cataclisma, siamo rimasti tutti coinvolti sull'onda dell'emozione e del dolore. I giornalisti della Rai, ma anche molti di Mediaset, Sky e della Sette, mi sono sembrati sullo stesso piano dei tanti uomini della Protezione civile (e non solo) che scavavano disperatamente per salvare la vita di un essere umano, di un nostro fratello. L'informazione come la Protezione: ecco il binomio che ha alleviato le pene di questa drammatica estate.

Di fronte alle immagini trasmesse dopo le scosse che hanno distrutto centri come Amatrice, è come se il Paese avesse superato tante divisioni e abbracciato, un solo e caldo abbraccio dell'Italia intera, tutti i nostri sfortunati connazionali coinvolti nel terremoto. E, per una volta, i giornalisti delle tv non sono stati solo sgradevoli e inopportuni cronisti del dolore, ma hanno raccontato in diretta, con umana partecipazione, la sofferenza e il ritorno alla vita e alla speranza.

In questi giorni, la Rai, in particolare, ha riacquistato l'autorevolezza di quando, in anni passati, era davvero servizio pubblico e ho capito che anche il cavallo morente potrà rialzarsi a patto che si faccia vera e limpida informazione come è appena successo. E se, da qualche mese a queste parte, i telespettatori hanno protestato per il canone in bolletta, stavolta si sono dati subito da fare per aiutare i terremotati. In estate, presi dalla frenesia e dall'egoismo delle vacanze, finiamo sempre per metterci lo scafandro, come tanti sub isolati dalle emozioni e dai sentimenti, ma, in questi drammatici giorni, siamo riusciti a tornare in superficie perché, anche grazie ai servizi radiotelevisivi, è andata in onda la parte buona degli italiani, fatta di partecipazione e di solidarietà. Ecco perché la Rai deve, assolutamente, tornare a privilegiare l'informazione con tanta cronaca e moltissimi approfondimenti: in passato, l'ente aveva il monopolio sul fronte giornalistico, oggi non lo ha più, come hanno dimostrato le telecronache sul sisma delle altre emittenti, ma può tornare ad avere la zampata vincente.

Puoi contare sui migliori uomini dello spettacolo, magari reclutando dall'esterno come è appena successo, puoi intrattenere e far ridere con vecchi showmen un po' arrugginiti, puoi pure puntare tutte le risorse che vuoi sul digitale, sulle nuove tecnologie e sulle piattaforme del futuro, ma se non hai un'offerta di all news davvero a 360 gradi, con una completezza che è sinonimo di obiettività, le esperienze sul campo nei reportage dal terremoto finiranno per essere solo una breve parentesi di buon giornalismo e nulla più.

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