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L'eterna statalista Boldrini allergica alle forze dell'ordine

A Cernobbio la presidente della Camera chiede più presenza pubblica in economia. E sulla tragedia del ragazzo a Napoli non spende una parola per i carabinieri

L'eterna statalista Boldrini allergica alle forze dell'ordine

Per un premier che a Cernobbio preferisce la fabbrica di rubinetti, c'è una presidente della Camera che invece al forum degli industriali ci va, ringrazia per il cortese invito e prende la parola. Un intervento «soporifero», a detta di un altro ospite del workshop di Villa d'Este, il segretario leghista Matteo Salvini, il cui giudizio lapidario («Se tutti gli interventi fossero come il suo avremmo dormito per un'ora e tre quarti») fa inorridire l'animo delicato della presidente Boldrini: «È un gentleman, e d'altra parte l'ha dimostrato in molte occasioni». Invece l'intervento della presidente (sostantivo da declinare al femminile, come tutti gli altri mestieri secondo la Boldrini per par condicio: architetta, giudicessa, chirurga, sindaca...) ha volato alto, altissimo. Dopo aver ricordato che l'Italia è «al palo, ferma» e che è «un immobilismo non è più sostenibile in questo Paese», e che l'aula di Montecitorio sembra «un ring» mentre servirebbe «un po' più di maturità», la Boldrini, eletta alla Camera nelle liste di Sel ma ora più simpatizzante del Pd (si mormora, per l'ambizione di salire al Colle, e lì servono i voti) offre a imprenditori, manager e banchieri la sua ricetta anticrisi, maturata in anni di esperienza a contatto con povertà e ingiustizie sociali. La soluzione per la presidente di Montecitorio, dopo le ubriacature liberiste, può arrivare solo dallo Stato. Anzi, al fondo della crisi c'è proprio «l'idea che il mercato abbia una sua capacità di autoregolamentarsi e che lo Stato debba rinunciare a una componente attiva nell'economia». Invece è il contrario: «La mancanza di un intervento pubblico attivo ha minato la credibilità delle istituzioni. C'è bisogno dello Stato e delle sue risorse migliori, se vogliamo che la ricerca e la conoscenza siano il volano di questo sviluppo». È forse questo che la Boldrini intende quando dice, piuttosto fumosamente e alla maniera di Vendola, che «c'è bisogno di implementare una visione contemporanea a livello sociale, in cui l'Italia è ancora indietro», o detto altrimenti (ma non più chiaramente) «osare a rimettere in discussione un assetto che ha fatto il suo tempo. Bisogna andare oltre e vedere quello che funziona altrove».

L'esempio scelto dalla presidente Boldrini, cioè la Silicon Valley californiana eldorado della libera impresa e delle rivoluzioni tecnologiche fatte nel garage di casa (in Italia lo Stato le avrebbe fatte chiudere per violazione delle leggi sulla sicurezza e antincendio), non aiuta a diradare la nebbia. Se le start up della Silicon Valley «hanno potuto approfittare degli investimenti fatti dal comparto militare Usa», ciò è la dimostrazione che «la forza dello Stato è la capacità di avventurarsi dove il privato non osa».

Nel magico mondo della Boldrini, dove la spesa pubblica crea lavoro e innovazione, anche la disoccupazione ha una risposta altrettanto fumosa e statalista. Non serve più flessibilità, perché «un grande progetto sul lavoro deve arrestare la crescita inarrestabile delle diseguaglianze sociali». Come, in concreto? Non modificando l'articolo 18 «che non è una priorità», ma «puntando su prodotti di qualità» spiega la Boldrini, senza troppa originalità. «L'Italia deve puntar su cultura, innovazione, le grandi sfide dell'alimentazione», per ottenere «una crescita socialmente, economicamente ed ecologicamente sostenibile». Al decalogo manca l'appello all'unità della Patria, ed eccolo: «Qualcuno è convinto che l'Italia si rialzi a metà. Io sono convinta che ci rialzeremo tutti insieme e non a metà». Poi sulla morte del ragazzo a Napoli, colpito da un carabiniere, la Boldrini - che comprende «la frustrazione delle forze di polizia» ma non è d'accordo «con i toni troppo accesi» - confida che «venga fatta chiarezza fino in fondo». Prima di spiegare che le giovani ministre «sono donne con una loro connotazione ed esperienza politica e vanno rispettate in quanto tali».

Luoghi comuni soporiferi? Non è da gentleman.

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