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È libero il talebano Johnny: la furia di Pompeo e Trump

Catturato in Afghanistan nel 2001, ha scontato 17 anni e oggi esce. "Incomprensibile, crede ancora nella jihad"

È libero il talebano Johnny: la furia di Pompeo e Trump

New York - «Johnny il Talebano» torna un uomo libero, e negli Usa si scatena il putiferio. John Walker Lindh è il 38enne musulmano originario della California catturato in Afghanistan all'indomani degli attentati dell'11 settembre 2001, e condannato a 20 anni dietro le sbarre per sostegno alla jihad e possesso di armi. Ieri, dopo 17 anni in un carcere di massima sicurezza in Indiana, è stato rilasciato per buona condotta e vivrà in libertà vigilata. La sua scarcerazione ha suscitato tantissime polemiche e in molti la contestano per motivi di sicurezza, anche se gli sarà vietato navigare online, avere un telefono con accesso al web, comunicare in lingue che non siano l'inglese e viaggiare all'estero. Da diversi rapporti dell'intelligence e delle autorità carcerarie, infatti, emerge che Lindh sarebbe ancora radicalizzato: per gli esperti dell'antiterrorismo è un recidivo, e non avrebbe mai abbandonato le posizioni radicali, sposando anche le tesi dell'Isis.

Il suo rilascio ha fatto infuriare pure il Segretario di Stato Mike Pompeo, che lo ha definito «inspiegabile e incomprensibile. Continua a minacciare gli Usa, e crede ancora nella jihad in cui è stato coinvolto e che ha ucciso un grande americano e un grande ufficiale della Cia», ha detto il titolare di Foggy Bottom: «C'è qualcosa di profondamente preoccupante e sbagliato in questo». Il senatore repubblicano dell'Alabama Richard Shelby, da parte sua, ha chiesto che Lindh torni in prigione, sostenendo di avere il sostegno del presidente Donald Trump. «Dobbiamo considerare le implicazioni per la sicurezza dei nostri cittadini e delle comunità che ricevono individui come Walker Lindh - ha spiegato - che continuano a invocare apertamente violenze estremiste».

Cresciuto in un sobborgo a nord di San Francisco, John è stato folgorato dall'Islam quando era solo un teenager, e all'età di 17 anni ha abbandonato la famiglia per andare a studiare arabo in Yemen. Nel 2000 si è recato in Pakistan formandosi con un gruppo islamico radicale, poi si è trasferito in Afghanistan per unirsi ai talebani. Lindh si è' dichiarato colpevole nel 2002 di aver aiutato i talebani a trasportare armi, ma al giudice federale T.S. Ellis ha detto di «non essere mai partito per combattere contro gli Stati Uniti e di non averlo mai fatto». I pubblici ministeri non sono riusciti a provare che abbia aiutato i terroristi o cercato di uccidere degli americani, e neppure il suo coinvolgimento nell'omicidio dell'agente della Cia Johnny «Mike» Spann, ucciso in una rivolta nella prigione afghana dove era detenuto il «talebano americano».

La cittadinanza statunitense gli ha evitato di finire a Guantanamo, e negli anni pur essendo un prigioniero diligente, non ha mostrato particolari segni di pentimento. Un rapporto dell'antiterrorismo del 2017 lo ha descritto come un soggetto che ha continuato a invocare la jihad globale e dedito a tradurre testi violenti ed estremisti.

E nello stesso anno, le autorità carcerarie hanno rivelato che ha più volte espresso il suo sostegno allo Stato Islamico.

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