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In Libia niente blocco navale «Si potrà rispondere al fuoco»

Le regole d'ingaggio della missione italiana saranno quelle di Mare sicuro. «Non violeremo la sovranità libica»

In Libia niente blocco navale «Si potrà rispondere al fuoco»

Nessun blocco navale, definito «atto ostile» dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, ma se necessario i militari italiani potranno usare la forza contro gli scafisti. Ieri la Pinotti e il ministro degli Esteri Angelino Alfano hanno spiegato davanti alle commissioni riunite Affari esteri e Difesa di Camera e Senato i punti principali della missione navale italiana in Libia. Tutto nasce il 23 luglio, quando il premier libico Fayez al Sarraj ha chiesto aiuto all'Italia nelle attività di contrasto al traffico di esseri umani. Ha detto il ministro Pinotti in audizione a Montecitorio: «I libici ci hanno chiesto con una lettera sostegno tecnico e navale, ed il governo, con la nuova missione, assicurerà l'appoggio logistico e operativo alle unità navali libiche accompagnandole mediante attività congiunte e coordinate, assicurando il ripristino e la manutenzione degli equipaggiamenti». Quindi, «nessuna lesione alla sovranità nazionale libica, il nostro obiettivo è anzi quello di rafforzarla» ha proseguito la titolare della Difesa.

A chi, come i parlamentari di Articolo 1-Mdp, esprime dubbi sulle regole d'ingaggio della missione, il governo ha risposto: «Saranno le stesse dell'operazione Mare sicuro, con qualche adattamento perché in quel caso si trattava di una missione internazionale». Gli stessi anche i mezzi impiegati: «Utilizzeremo le stesse navi di Mare sicuro», ha precisato la Pinotti. L'operazione, fanno sapere dal governo, sarà tutta svolta in coordinamento con le autorità libiche. Le navi italiane non opereranno solo in acque internazionali oppure davanti alle coste libiche, «ma ci hanno chiesto di operare anche nelle loro acque, nel porto di Tripoli e ad est e ovest del porto, ma il governo Sarraj è stato riconosciuto dall'Onu e noi ci muoveremo senza imporre nulla alle autorità locali». Gli italiani, però, se attaccati dagli scafisti potranno difendersi con la forza. Infatti, trattandosi di una missione bilaterale, le regole prevedono la legittima difesa. Alfano, ministro degli Esteri, davanti alle commissioni ha parlato di «assoluta fiducia reciproca tra i due governi, che viene da lontano». Poi Alfano ha dato una notizia: la visita del nuovo inviato speciale Onu in Libia, Ghassan Salamè, che sarà a Roma l'8 agosto per incontrare il titolare della Farnesina.

Intanto in vista del voto, previsto oggi in Aula alla Camera, i partiti cominciano ad agitarsi. Sembra sicuro l'appoggio alla missione da parte dei deputati di Forza Italia, «a patto che le navi italiane non diventino taxi del mare per gli immigrati». Stesso concetto spiegato da Silvio Berlusconi nell'intervista a La Repubblica di domenica. Mentre Gentiloni prova a tessere la tela per «avere un sì bipartisan», appare meno scontato il sostegno degli ex scissionisti di Articolo 1, che potrebbero accodarsi al no di Sinistra Italiana. Nicola Fratoianni di SI, non ha usato mezzi termini: «Chiederemo di non autorizzare l'avventura libica, una missione senza la copertura dell'Onu, che aiuterà l'instabilità in quel Paese». Verso il no anche la Lega Nord con il vicesegretario Giancarlo Giorgetti, che attacca: «Si tratta di un Mare nostrum 2, raffazzonato e confuso». Si spezza così il fronte «sovranista», perché Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia ha aperto uno spiraglio: «Se il governo è serio, votiamo sì o ci asteniamo».

Freddezza dal M5s, che parrebbe orientato verso un voto contrario.

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