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Linea dura dell'Anm: "Devono dimettersi tutti". Il "no" dei pm coinvolti

Linea dura dell'Anm: "Devono dimettersi tutti". Il "no" dei pm coinvolti

Una richiesta di dimissioni senza precedenti, per i tempi e per i modi, nelle cronache della magistratura italiana: e altrettanto inedita è l'immediatezza con cui i destinatari dell'invito lo rifiutano. Da una parte l'Associazione nazionale magistrati, il sindacato delle toghe, che ieri - sull'onda di richieste impellenti in arrivo dai tribunali di mezza Italia - decide di andare giù pesante con i membri del Csm finiti nelle carte dell'inchiesta di Perugia; dall'altra loro, i quattro che scelgono di restare al loro posto, rivendicando la propria innocenza e accettando solo di sospendersi provvisoriamente dai lavori del Consiglio. A fare da spettatori, i novemila magistrati italiani, sempre più disorientati nel finimondo che sta investendo la categoria.

Ieri mattina la giunta esecutiva dell'Anm rende noto di avere sposato in pieno e all'unanimità la «linea dura» invocata dalla base. Nel mirino ci sono Antonio Lepre, Corrado Cantoni, Paolo Criscuoli e Gianluigi Morlini, i quattro membri del Csm (i primi tre di Magistratura Indipendente, il quarto di Unicost) che pur non essendo indagati dalla Procura di Perugia compaiono nelle carte della Finanza come partecipi degli incontri in cui furono spartite le cariche. La giunta parla di «gravissime violazioni di natura etica e deontologica» che «non possono in alcun modo essere giustificate o sminuite in considerazione dell'incalcolabile danno che hanno arrecato all'Istituzione». L'autosospensione quindi non basta, ci vogliono le dimissioni immediate: come quelle già presentate da Luigi Spima (che però era formalmente indagato).

I tre consiglieri autosospesi di Magistratura Indipendente respingono la richiesta a stretto giro di posta, definendola «priva di fondamento e basata solo su articoli d stampa». «Nessuna nostra attività consiliare, come singoli e gruppo, è stata mai influenzata dall'esterno», aggiungono i tre. Che si trovano costretti però a entrare nel merito delle accuse, ovvero la loro partecipazione all'incontro con il renziano Luca Lotti, cui (secondo indiscrezioni circolate ieri) era presente anche il presidente della Lazio Claudio Lotito. E si proclamano vittime di una specie di carrambata : «Nessuno dei consiglieri sapeva che sarebbe venuto il deputato Lotti, il quale all'improvviso si è palesato a tutti noi. I consiglieri Cartoni e Criscuoli si trovavano a cena con l'amico magistrato onorevole Ferri. A fine cena erano invitati all'incontro coi colleghi di Unicost nell'albergo dove alloggia Ferri. Cartoni, Lepre e Criscuoli si trattennero, perché gli fu detto che sarebbero arrivati alcuni colleghi di Unicost come effettivamente avvenne. Solo dopo, si presentò il deputato Lotti all'improvviso e all'insaputa di tutti i consiglieri presenti». E ancora: «Di certo non vi era Claudio Lotito e altrettanto certamente non ci siamo mai recati di notte presso la casa della sorella di Cosimo Ferri, casa di cui peraltro fino a stamane ignoravamo l'esistenza, né abbiamo mai chiesto biglietti a chicchessia».

Sulla stessa linea anche Morlini: «Ad un certo punto e senza che io lo sapessi o lo potessi prevedere, è intervenuto l'onorevole Lotti».

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