Cronache

L'infermiera-assassina e le denunce ignorate Carabinieri nel mirino

Due lettere inascoltate sulle analisi del marito della Taroni: indagato un militare

L'infermiera-assassina e le denunce ignorate Carabinieri nel mirino

«Io di mia moglie mi fido ciecamente», disse il 21 novembre 2011 Massimo Guerra ai medici dell'ospedale di Saronno, che gli raccomandavano di stare attento con i farmaci che gli passava la moglie. Faceva male a fidarsi, Massimo Guerra: perché sua moglie era Laura Taroni, infermiera nello stesso ospedale dove era stato ricoverato in terapia intensiva. E lo stava avvelenando giorno dopo giorno, con farmaci di cui non aveva bisogno.

Nella storia scioccante di Laura Taroni e del dottor Cazzaniga, gli amanti-assassini di Saronno, la vicenda di Massimo Guerra rivolge un ruolo particolare. Gli altri delitti, i quattro anziani pazienti mandati all'altro mondo con il cocktail di farmaci chiamato «protocollo Cazzaniga», sono ammazzamenti senza movente, privi di una spiegazione diversa dal «delirio di onnipotenza» (parole di un collega) che aveva preso il dottore. Invece l'uccisione di Guerra ha un movente preciso, evidente: l'odio che la moglie provava verso di lui, figlio della sua aggressività e morbosità sessuale. «Guarda che essere violentati dal proprio marito è una cosa terribile», dice Laura Taroni a un'amica in una intercettazione. Le intercettazioni d'altronde raccontano in modo brutalmente esplicito le abitudini sessuali di Guerra. Compreso il sospetto di andare a letto con la suocera (che anche lei morirà in modo oscuro e sospetto).

Ma proprio sulla morte di Guerra le carte della Procura raccontano un dettaglio disarmante. Per due volte, prima che l'uomo morisse, era stato lanciato l'allarme: in modo formale, ai carabinieri di Saronno. Per due volte, l'allarme venne ignorato. E ora il comandante della stazione dell'Arma si trova anche lui sotto procedimento penale.

È uno dei tanti esempi di ignavia di cui è costellata la storia di Saronno. Ci sono i silenzi incredibili dei colleghi, l'omertà che regnava nei reparti di un ospedale dove il «protocollo Cazzaniga» era noto a tutti. Ci sono le conclusioni della commissione d'inchiesta interna, che insabbia le denunce giudicando «congruo» l'approccio terapeutico di Cazzaniga. E già si sapeva di una lettera anonima inviata da una dottoressa ai carabinieri di Cantù, trasmessa alla procura di Como e lì rimasta.

Ma quelle che ora emergono non sono lettere anonime: ma atti formali, nero su bianco. Nel novembre 2011, dopo che Guerra esce dalla terapia intensiva proclamando la sua (malriposta) fiducia nella moglie, i vertici dell'ospedale, di fronte alla inspiegabilità delle sue analisi del sangue, dove ci sono tracce evidenti di un antiepilettico e un antiaritmico che nessuno gli ha mai prescritto, decidono di segnalare la cosa. Il dottor Daniele Nassiacos scrive alla direzione ospedaliera; la direzione il 23 novembre manda un fax alla stazione dei carabinieri di Saronno; e i carabinieri cosa fanno? Niente. Il fax non viene trasmesso alla Procura. Resta lì.

Il 17 aprile 2012, cinque mesi dopo, Guerra viene di nuovo ricoverato, l'anomalia delle sue condizioni stavolta è così evidente che un medico, Giancarlo Favia, la mette direttamente in rapporto con gli strani comportamenti della moglie del malato, l'infermiera Taroni. E chiama il comandante dei carabinieri: «Gli dissi molto chiaramente che avevo il sospetto che Laura Taroni stesse architettando qualcosa per far fuori il marito». Il maresciallo gli dice di scrivere una lettera. «Dopo un paio di giorni portai in caserma una mia memoria, in busta chiusa, consegnandola al militare all'ingresso».

Quella memoria alla caserma di Saronno non risulta mai arrivata.

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