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Al Lingotto al via la seconda giornata: "Questa non è la Leopolda"

La seconda giornata del Pd al Lingotto parte in ritardo. "Dobbiamo combattere questa idea di politica fondata sulla paura perché la paura genera egoismo, scontro e tensioni"

Al Lingotto al via la seconda giornata: "Questa non è la Leopolda"

La seconda giornata del Pd al Lingotto parte in ritardo. Tutti molto rallentati e assonnati, a cominciate dal padrone di casa, il governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, che attorniato dalle telecamere, si divincola indossando buffi occhiali rossi, come una biscia, senza rispondere alle domande: “Per carità”, e scappa.

La deputata Pina Picierno parla compulsivamente al telefono e va dal palco al bar, dal bar al palco, dove all’inizio di mattinata si alternano i giovani che fanno impresa e start up e che raccontano di un’Italia che non c’è, fatta di speranza e lavoro. Esattamente quella che Renzi non ha saputo garantire con suo governo, insomma.

Qui è un De Luca bacia tutti. Con la sua solita espressione da sceriffo della Louisiana, il governatore della Campania arriva a passo svelto e saluta tutti con sufficienza, senza rilasciare dichiarazioni, come se stesse correndo a giustiziare qualcuno.
Bacia e abbraccia, prima di entrare dentro l’area palco off limits, è il sindaco di Firenze Dario Nardella. “Si riparte anche ad Paese reale, dalle questioni che interessano i cittadini ogni giorno, il lavoro, la sicurezza, l’ambiente, la scuola, le diseguaglianze. Si riparte da ideali e concretezza, il taglio che più ha colpito dell’intervento di Matteo, inclusa la sfida della paura: noi siamo attanagliati dalla paura. Ovunque. Nella politica, nella società. In Italia, in Europa, nel mondo, e abbiamo i professionisti della paura che utilizzano questo sentimento per lucrare consenso, voti e vantaggi. Dobbiamo combattere questa idea di politica fondata sulla paura perché la paura genera egoismo, scontro e tensioni”.

Come quelle che oggi sono all’interno del Pd, guarda caso. Per Nardella non ci sono nemmeno tutti questi toscani nei palazzi del potere, solo una diceria, malelingue. “Io non li vedo. Una favoletta che ha fatto il suo corso. Smettiamola con il battutismo”. Da Firenze evidentemente la vista e l’udito non arrivano fino a Roma e/o Pontassieve.

Tant’è che dopo di lui, intervengono, destino beffardo, due deputati, un livornese e un pistoiese. Andrea Romano, che lancia una gufata agli avversari di Renzi: “Purtroppo le scissioni non portano mai troppa fortuna agli scissionisti in chiave elettorale”. Ovviamente si parla anche di scissione al Lingotto, vero tema caldo della kermesse torinese, visto che Emiliano e Orlando, lontani da qui, scalpitano come tori furiosi. E come il deputato Edoardo Fanucci: “Il Lingotto è diverso dalla Leopolda, una raccolta di emozioni dal basso. I tavoli di discussione entrano molto nel merito. Più che interventi motivazionali, interventi di merito. Tante idee da riportare nel Paese reale”.

Il deputato, presidente della commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci parla ovviamente di Green economy e dal palco, verso mezzogiorno, sprona Fca “a fare auto elettriche, c’è Giuguaro che sta costruendo un’auto elettrica per i cinesi…”.

Lavoro, paura, Europa, le tre password che ha lasciato ieri Matteo Renzi durante il suo intervento ai suoi fedeli scudieri per entrare dentro il Lingotto e che oggi loro usano con diligenza, commentando ogni passaggio del “nostro Matteo”. Come Paola De Micheli, ex sottosegretario all’Economia, oggi deputata, si augura “un congresso pungente per l’Italia, il nostro riformismo molto più forte di tutto quel tempo che abbiamo perso per dividerci in passato”.

Gli oltre 300 giornalisti accreditati sono stati rinchiusi in un gabbiotto lontano dal pubblico e dai relatori, e con l’inutile pass stampa non possono accedere ad alcuna area.

Nella zona rossa entrano solo i pass ospiti e ovviamente i vip. Francesco Bonifazi, l’amichetto di Maria Elena Boschi, e tesoriere del Pd, in casual, dribbla tra la folla, così come il ministro della Cultura, Dario Franceschini che in compagnia della mogliettina, si va a sedere in terza fila. In prima fila invece, distanti tra loro, ci sono il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti e l’ex sindaco di Torino, Piero Fassino.

L’ultima ad arrivare è la ministra all’Istruzione, Valeria Fedeli, gentile con tutti, e disponibile coi ragazzi che chiedono un selfie: “Il Pd deve coinvolgere i giovani, così le politiche e innovazioni contano. La stessa cosa che va fatta per le donne. Innovare, qualificare e estendere tutto il percorso formativo. Il Pd ha nel suo Dna contenuti innovativi. Dobbiamo rilanciare dall’io al noi”. Andrebbe detto anche a Renzi però.

L’unica risata, qui al Lingotto di Torino, la strappa un anziano signore di Calenzano, Giuliano Barducci, che con un accento alla Pieraccioni, spruzza il profumo Sì di Giorgio Armani a tutte le donne, in triste memoria di quel referendum che il Pd ha mandato a ramengo.

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