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La lingua nuova del premier è il realismo

Per ora, Mario Draghi ha parlato poco, ma ha parlato una lingua nuova e in quella lingua ha espresso concetti antichi

La lingua nuova del premier è il realismo

Per ora, Mario Draghi ha parlato poco, ma ha parlato una lingua nuova e in quella lingua ha espresso concetti antichi. Niente a che vedere col paternalismo in salsa giuridichese di un Giuseppe Conte. Mario Draghi ha parlato la lingua del realismo e ogni concetto espresso dal neo presidente del Consiglio è parso ispirato a quei due principi cardine della cultura liberale mai assimilati dall'Italia delle corporazioni e dello Stato assistenziale: la responsabilità e il merito individuali.

Quando dice che non tutti i posti di lavoro potranno essere tutelati, dice che la politica economica del governo dovrà tener conto del passaggio epocale dall'economia industriale all'economia dei servizi e dall'economia dei servizi all'economia della conoscenza. Quando dice che l'orizzonte naturale dell'Italia è l'Europa, dice che il sovranismo è un'illusione tanto sterile quanto dannosa. Quando dice che nelle opere pubbliche si ispirerà al modello Genova, dice che la cultura del sospetto che impregna il codice degli appalti è un limite allo sviluppo e fors'anche alla legalità. Quando dice che i funzionari pubblici debbono avere il coraggio di firmare gli atti di cui sono responsabili, dice che il giacobinismo di reati come l'abuso d'ufficio (un'arma carica nelle mani dei pm che paralizza la pubblica amministrazione, riducendosi a poco più di 50 condanne su circa 7mila processi all'anno) produce più danni che benefici. Quando dice che i nostri studenti dovranno essere messi nelle condizioni di recuperare il gap formativo subito a causa dei lockdown e che la Scuola dovrà mettersi a passo dei tempi, dice che al centro delle politiche scolastiche dovranno essere posti i ragazzi e non più gli insegnanti e che la meritocrazia dovrà finalmente ispirare le carriere di chi lavora in questo comparto strategico della pubblica amministrazione. Realismo, cioè pragmatismo. Meritocrazia, cioè giustizia sociale. Sono questi i principi che ispirano la visione politica di Mario Draghi. Ed è inutile nascondersi che non sarà facile affermarli. Non sarà facile perché si tratta di principi estranei alla nostra biografia nazionale. Non sarà facile perché si tratta di principi estranei alla cultura politica di diverse forze politiche che sostengono il governo.

Perciò, nella speranza che il Pd resista alla tentazione di rinculare verso un'identità coerente con schemi passati, non può che far piacere il fatto che il M5s si stia liberando dei suoi parlamentari più ideologici e inclini alla demagogia.

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