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L'Inps allunga le visite fiscali: 7 ore in casa

Proposta di Boeri sulla reperibilità per malattia nel privato. Ira dei sindacati

L'Inps allunga le visite fiscali: 7 ore in casa

Roma - Reperibilità di 7 ore quotidiane per le visite fiscali durante i periodi di malattia anche per i dipendenti del settore privato. È questa l'ultima proposta lanciata dal presidente dell'Inps, Tito Boeri, che interpreta il proprio ruolo in modo proattivo, ma che non sempre incontra il favore della classe politica. In pratica, l'idea del numero uno dell'istituto di previdenza è un allargamento della riforma Brunetta della Pa al settore privato e non è un caso che il capogruppo di Forza Italia alla Camera lo abbia sottolineato. «Meglio tardi che mai», ha scritto in un tweet.

«Non ha senso che ci siano differenze tra i lavoratori pubblici e quelli privati», ha rimarcato ieri Boeri. Attualmente questi ultimi devono garantire una reperibilità per quattro ore (10-12/17-19), a differenza degli statali che sono obbligati a restare a casa dalle per i quali vige la regola delle sette ore (9-13/15-18). Sia il datore di lavoro sia l'Inps possono richiedere il controllo medico fiscale nei confronti del dipendente privato (per il pubblico è solo l'amministrazione ad avere facoltà di chiederla) che ha comunicato la malattia o la sua assenza dal lavoro per effettuare una visita o degli esami. L'obbligo di reperibilità inizia il primo giorno della malattia e prosegue per tutto il periodo indicato sul certificato medico, inclusi sabato, domenica e festività. Il regime di fasce orarie non vige in caso di patologie che richiedano terapie salvavita e invalidità pari o superiore al 67 per cento.

Boeri non ha risparmiato critiche nemmeno ai dipendenti statali per quanto riguarda il ricorso alla legge 104 (assistenza a familiari disabili) sottolineando che «ci sono differenze forti tra pubblico e privato e tra comparti del pubblico che fanno pensare che ci possano essere potenziali forme di abuso», dunque occorrono «controlli più serrati». Queste guarentigie sono costate alle casse dello Stato circa 7 miliardi di euro nel 2015 perché tra assenze per malattia, permessi 104 e permessi retribuiti nel 2015 i dipendenti pubblici hanno usufruito di 19 giorni in media di astensione dal lavoro a fronte dei 13 di media del settore privato.

La sortita di Boeri ha provocato l'indignazione del segretario della Cgil, Susanna Camusso. «Ci è noto l'intento provocatorio del presidente Boeri, ma la discussione va fatta in modo diverso. Al netto degli abusi, la legge 104 è più usata nel pubblico perché nel privato ci sono maggiori sanzioni nei comportamenti delle donne che prendono il permesso. Mi porrei una domanda sul differenziale di genere», ha detto Camusso, mentre il segretario confederale di Corso Italia, Franco Martini, ha aggiunto che si tratta di «argomenti che in realtà competono al legislatore e se è consentito alle parti sociali». Sarebbe «una forzatura e creerebbe solo confusione», ha chiosato il segretario confederale della Cisl, Maurizio Bernava.

A differenza di altre dichiarazioni un po' più estemporanee (o quanto meno non corroborate da un adeguato supporto politico), Boeri non ha fatto altro che anticipare alcuni contenuti del decreto attuativo della riforma Madia del pubblico impiego che, stando alle indiscrezioni, prevedrebbe per l'appunto l'unificazione delle fasce di reperibilità e l'utilizzo delle banche dati Inps per il coordinamento dei medici fiscali attualmente in carico alle Asl o comunque convenzionati.

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