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A Lione difende la pasta al dente: licenziato

La sua "colpa"? Voler insegnare (invano) come si mangiano i veri spaghetti

A Lione difende la pasta al dente: licenziato

Si può essere dei patrioti in molti modi. Sulle trincee o nella piscina di un mondiale. Maurizio Landi ha scelto di esserlo in cucina. Finendo fucilato davanti a un plotone di esecuzione (metaforico, tranquilli) per aver difeso una delle colonne della nostra identità di italiani: la pasta. Una difesa ardente. E al dente. Perché Maurizio, chef bolognese di 56 anni, pur di non cucinare gli spaghetti scotti ci ha rimesso il posto di lavoro. E ora ci attendiamo che qualcuno lo insignisca della medaglia d'oro al valor alimentare. A rendere più eroico il gesto di Maurizio il fatto che sia avvenuto in terra di Francia, nostra tradizionale rivale lungo il Piave enogastronomico. Ogni battaglia con i detestati cugini che vantano qualche decina di formaggi meno di noi, diventa leggendaria. L'inizio della vicenda dell'Enrico Toti con la parannanza, raccontata dal Corriere di Bologna, è in verità piuttosto banale. Landi chiude il suo storico locale bolognese, il Divinis, e si trasferisce in Francia, terra di cui ama soprattutto i vini. Trova posto nella cucina di un bistrot del Beaujolais, regione famosa per i vini, appunto, e lì inizia a spignattare. Tutto bene fin quando non gli viene chiesto di cimentarsi con una pasta. Maurizio cucina per dei clienti una Carbonara perfettamente ortodossa e quindi al dente. Gli avventori si guardano perplessi e mandano indietro i piatti. Che cos'è mai quella roba callosa e masticabile? La pasta non è mica quell'affare là bensì una palla collosa che Bruno Barbieri definirebbe un «mappazzone». Quindi si lamentano con il proprietario del bistrot, che li rabbonisce: Ah, les Italiens!. Ma la cosa si ripete, Maurizio non fa un passo indietro, sono i francesi a dover capire la pasta e non gli italiani ad accontentare i loro gusti gallici. Poi accade un altro incidente. A Landi viene chiesto di preparare uno spaghetto alla bolognese. Ma per lui, che bolognese lo è davvero, il ragù si serve esclusivamente con le tagliatelle. Quindi escogita questa scappatoia: prepara un ragù comme-il-faut e poi lo lascia in frigo. Nel giorno di riposo, quando quel rompipalle del cuoco italiano si riposa, i suoi collaboratori lo scaldano e lo propinano ai clienti con la pasta secca, opportunamente scotta. Così non si può andare avanti. Così Landi qualche giorno prima dello scadere dei quattro mesi di prova, quando il suo contratto sarebbe diventato indeterminato, viene licenziato. «Togliti il grembiule», gli dice il patron. Chef Landi se ne va, senza lavoro ma pieno di orgoglio nazionalistico. Ha già trovato un altro posto.

Fornelli d'Italia, l'Italia s'è desta.

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