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L'ira degli industriali traditi dalla manovra. E Salvini si dà alla fuga

Il vicepremier diserta Confindustria Lazio per un "impegno improvviso". Ma va altrove

L'ira degli industriali traditi dalla manovra. E Salvini si dà alla fuga

Sarà pure convinto, Matteo Salvini, quando celebra il manovrone a colpi di condoni, assegni di mantenimento e pensioni anticipate a pioggia definendolo «una vittoria degli italiani».

Ma certo non ne è convinto al punto da andarlo a sostenere di fronte ad una platea di imprenditori. E così, quando si tratta di andare a difendere redditi di cittadinanza e scasso dei conti previdenziali davanti alla Confindustria del Lazio, all'indomani del varo della manovra, Salvini marca frettolosamente visita. L'intervento del vicepremier leghista all'incontro di Unindustria, a Roma, era annunciato da almeno una settimana. Ma all'ultimissimo momento Salvini ha fatto sapere che non si sarebbe presentato. Del resto, che da quel consesso sarebbero arrivate forti critiche e allarmi cui sarebbe stato assai difficile rispondere era scontato. E, per un capo-partito che si vanta di avere il proprio principale insediamento elettorale tra i ceti produttivi, la cosa sarebbe stata imbarazzante. Così il ministro dell'Interno (che oggi però troverà il tempo di andare fino a Mosca, ad un convegno della locale Confindustria) ieri è andato al giuramento di alcuni allievi della scuola di Polizia di Spoleto, al convegno Ance a Roma a promettere ottimisticamente che il Codice per gli appalti verrà «smontato e riscritto entro novembre» e a giurare che a lui non piace la «decrescita felice» teorizzata dal partito della Casaleggio e del suo compagno di banco Gigino Di Maio: «Io credo nella crescita, contate su di me», ha detto ai costruttori, prima di tagliare rapidamente la corda: «Devo andare a Palazzo Chigi a mettere a posto gli ultimi numeretti», quali non è chiaro visto che in teoria la manovra è stata votata lunedì dal Consiglio dei ministri e spedita anche a Bruxelles, e si spera fosse stata anche scritta.

Ma ha fatto arrivare all'Auditorium della tecnica di Confindustria, dove si riunivano gli imprenditori laziali, il messaggio che «un improvviso impegno» lo costringeva purtroppo a disertare. E quindi a non ascoltare le preoccupate requisitorie contro la «sua» manovra che da lì sono arrivate. Per bocca di quello stesso Vincenzo Boccia, capo di Confindustria, che solo qualche settimana fa si era sbilanciato a dire che, contro lo sfrenato assistenzialismo e oscurantismo economico dei Cinque Stelle, lui si «fidava» dell'argine leghista. Argine poi rapidamente crollato: «La manovra noi l'avremmo fatta in maniera totalmente diversa», annuncia Boccia. Poi, brutto muso, ricorda all'assente Salvini che «puntare sulla crescita vuol dire anche evitare battute gratuite tipo chi se ne frega dello spread, il popolo è con noi, perché anche solo un punto percentuale di spread vale 20 miliardi a regime».

Salvini non è il solo a scappare: anche la sindaca Raggi si è defilata dall'appuntamento (cui erano invece presenti il governatore del Lazio Zingaretti e il presidente del Parlamento europeo Tajani) per risparmiarsi le critiche sullo stato comatoso della città grazie alla sua amministrazione.

E scappano anche gli eletti emiliani Cinque Stelle: invitati dalla locale Confindustria, preoccupata per la manovra, ad un incontro bipartisan a Bologna, si son dati malati in massa.

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