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L'ira dei commercialisti: chi porta i soldi in Italia rischia ancora la galera

Simonelli: "La Procura può perseguire i contribuenti anche se hanno già trovato l'accordo con l'Agenzia delle entrate"

L'ira dei commercialisti: chi porta i soldi in Italia rischia ancora la galera

«Ci sono capitali all'estero che potrebbero rientrare, questo è sicuro. Ma per far funzionare un provvedimento come questo occorre garantire, in parallelo, la certezza dell'immunità penale. Altrimenti il legislatore non mantiene le promesse che hanno accompagnato il varo del provvedimento di voluntary disclosure , che rimarrà - come dire - monco». Perfettamente sintonizzati sulla medesima lunghezza d'onda e di pensiero due fra i commercialisti più noti del panorama italiano, Ezio Maria Simonelli e Roberto Spada, l'indomani dell'accordo italo-svizzero sulla cessazione del segreto bancario a cui si accompagna appunto una sanatoria per chi farà la dichiarazione volontaria dei capitali fino ad ora occultati.

«Ciò che ha già rilevato Victor Ukmar, mi trova d'accordo spiega Simonelli - perché dopo la confessione al fisco il calcolo delle imposte viene sottoposto alla Procura della Repubblica, che può riaprire il caso a versamento già avvenuto. Come è possibile che il contribuente che si ravvede, poi, con questo rischio incombente, si senta tranquillo?».

«È pur vero che in uno scenario così cambiato sottolinea Simonelli - chi decide di lasciare i capitali all'estero rischia davvero la galera. Oppure, vivendo una situazione da esiliato che non potrà più rientrare in Italia, dovrà seguire il proprio denaro, come qualcuno ha già fatto, e trasferirsi definitivamente oltre confine». «Bisogna ragionare in termini di realpolitik - conclude Simonelli - quindi, dato che ciò che interessa al Paese è che i soldi rientrino, ma dato anche che ci troviamo di fronte ad un provvedimento poco attrattivo perché, al contrario dei precedenti scudi, questa volta s'impone di pagare tutto ciò si sarebbe dovuto pagare in Italia in termini di imposte allora che questo provvedimento sia scevro da sorprese future. In buona sostanza, di fronte ad un comportamento di ravvedimento virtuoso si deve prendere atto che non ci devono essere altre conseguenze se non quelle patrimoniali». «L'importante è partire con un distinguo - sottolinea Roberto Spada - un conto sono le novità introdotte con l'accordo con la Svizzera, un conto è invece escludere l'azione penale per il cittadino che si ravveda. Il fatto che l'accordo sia stato finalmente firmato rappresenterà di certo una spinta per chi ha portato capitali all'estero in questi anni a procedere con la voluntary disclosure , ma è chiaro che questa opzione fino a quando non sarà combinata con un azzeramento dell'azione penale susciterà ancora molte perplessità. Mi auguro che questa contraddizione venga presto risolta poiché sono i molti i clienti dei commercialisti italiani pronti a sanare il loro debito con il Fisco italiano ma tutti preferiscono rimanere alla finestra per capire se e quando le sanzioni penali verranno tolte, come promesso, dal legislatore. Già perché, riguardo alla non punibilità penale c'erano delle buone intenzioni che adesso sono state rimandate. Non è normale che un Paese che propone il ravvedimento operoso e il contribuente lo accetta poi quando si decide di pagare il dovuto, si corra comunque il rischio di venire anche perseguito penalmente». «È il caso di ricordare - puntualizza ancora Spada - che l'intesa con la Svizzera lascia la Confederazione ancora tra i Paesi inseriti nella black-list ma la inserisce però nei Paesi che consentono lo scambio di informazioni finanziarie e patrimoniali. Ma in questo momento è innegabile che in Svizzera regni una caotica situazione all'interno delle banche.

Una situazione ulteriormente appesantita dal fatto che il governo elvetico obbligherà i consulenti nazionali e le banche a denunciare i cittadini residenti che con sono in regola con la fiscalità del Paese a regolarizzare la loro posizione al più presto per non incappare in grossi guai».

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