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L'Italia dei Cinque stelle: un Paese senza certezze

L'Eurispes si inventa il neologismo "qualipatia" per descrivere l'avversione verso la competenza

L'Italia dei Cinque stelle: un Paese senza certezze

Il dominio dell'apparenza, la decadenza della sostanza. No, non è una lezione di filosofia contemporanea. È il Rapporto Italia 2019 dell'Eurispes che ha cercato di descrivere i trend del Paese nell'epoca del governo giallo-verde, un esercizio complesso che ha portato l'istituto di ricerca diretto da Gian Maria Fara a coniare un neologismo: «qualipatia», ossia «l'avversione e il rifiuto per tutto ciò che richiama la qualità; una patologia che esalta il contenitore a discapito del contenuto, che premia l'appartenenza e mortifica la competenza».

È un Paese che non ha un'opinione chiara, che si fonda sul pressapochismo, che spera nello stellone, nella schedina fortunata del Superenalotto e che quando sceglie di curarsi compra gli antibiotici senza prescrizione perché dei medici non c'è mai troppo da fidarsi. Quell'Italia che le grandi opere sì perché danno lavoro ma anche no perché danneggiano l'ambiente. È un paese figlio della sua sottocultura, dove il Bar dello sport e l'università fondamentalmente pari sono e che Fara descrive con termini impietosi. «È caduta la cultura della programmazione: le grandi questioni sono affrontate con la superficialità e con l'improvvisazione dettate dai tempi della comunicazione», ha dichiarato il presidente dell'Eurispes aggiungendo che «ogni argomento, anche se di grande rilevanza, viene affidato ad uno spot, uno slogan, un tweet». Il dibattito pubblico, osserva, «risulta immiserito a causa del declino della cultura dell'ascolto, del rispetto dell'altro da sé e dalla mancanza di una idea di comunità e di un senso stesso dello Stato». È un'Italia costruita su misura per Luigi Di Maio e per il Movimento 5 Stelle, per la sua barbarie quotidiana, per le soluzioni semplici e immediate, che non ragiona ma si fida dell'istinto, che la politica è tutto «un magna magna» ma che carabinieri e polizia sono istituzioni affidabilissime.

Ma l'Italia è diventata anche il Paese del «ni», evidenzia l'Eurispes, che non riesce mai ad esprimersi in maniera definitiva con un «no» o con un «sì». Le scelte non sono mai chiare, ma sono soggette a cambiamenti o capovolgimenti. Sul piano istituzionale, ha rimarcato Fara, nella storia recente, si erano potute osservare una tale «capacità di indecisione», una così grande confusione di ruoli e di responsabilità, una così netta separazione tra dichiarazioni, annunci e fatti. «L'appiattimento del livello dello scambio politico produce solo volgarità fine a se stesse», conclude.

È una nazione incapace di affermare la propria stessa identità se non in contrapposizione a ciò che è differente, ma non in positivo. È «sovranista» perché è contro la globalizzazione che, nella vulgata comune, ha prodotto l'austerity. Chiede «sicurezza» perché vive nel proprio ambiente in modo insicuro. Cerca di essere ottimista ma ammette di intaccare i propri risparmi per arrivare alla fine del mese. È un'Italia che la crisi ha scarnificato nel profondo e che l'ha lasciata in balia delle proprie paure ancestrali e che cerca nuovi totem con i quali spera di allontanare le disgrazie perché, evidentemente, non si ritiene in grado di essere responsabile del proprio destino. È un'Italia che non in grado di «scegliere i percorsi ai quali affidare il proprio cammino, di dimostrare la capacità di decidere e di operare per poter stare ai tempi della complessità e della globalizzazione», ha concluso Fara.

È in questo milieu che i Cinque stelle hanno proliferato ed è in questo spaesamento che troveranno sempre fertile terreno di coltura.

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