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"L'Italia ora è in stagnazione". Anche Tria sbugiarda Di Maio

«Deficit strettamente controllato, ce lo chiede l'Europa» Mps, bomba di Giorgetti: il governo se ne farà carico

"L'Italia ora è in stagnazione". Anche Tria sbugiarda Di Maio

«Non vedo una recessione, vedo una situazione di stagnazione». Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, in un'intervista al Corriere della Sera ha confermato che il rallentamento dell'economia alla fine dello scorso anno impatterà negativamente anche sul 2019. In questo modo lo spregiudicato ottimismo del vicepremier Di Maio sulle prospettive di un nuovo boom economico ha trovato un'altra autorevole smentita dopo quella di Confindustria. Il titolare del dicastero di Via XX Settembre è, per ovvi motivi, leggermente più ottimista dei centri di ricerca e degli uffici studi delle banche, ma in ogni caso l'orizzonte profilato è la crescita zero. «Credo che alla fine il governo abbia saputo prendere le decisioni giuste nell'interesse dell'Italia», ha aggiunto a proposito del contenimento del deficit/Pil al 2,04% (molto vicino all'1,9 invocato inizialmente da Tria che ha minimizzato la «divergenza» con Di Maio e Salvini) ribadendo che «il debito scenderà, è l'impegno del governo: il calo sarà positivo per la crescita, poi questa dipenderà molto dalla politica monetaria e dalla congiuntura internazionale».

All'estrema franchezza del ministro corrispondono, tuttavia, prospettive non troppo rassicuranti per i contribuenti. In caso di revisione al ribasso del Pil nel 2019 (ora stimato a +1%) il deficit supererebbe il 2% programmato ma, assicura il ministro, «verrà tenuto in ogni caso sotto controllo con un'attenta azione di monitoraggio che è stata prevista e rafforzata con norme specifiche». Anche in merito all'aumento di 8 miliardi della pressione fiscale sui produttori Tria replica ricordando il disinnesco della clausola di salvaguardia Iva da 12,5 miliardi e che «la maggior parte delle riduzioni di tasse sui produttori per il 2019, per quanto limitate, hanno effetto zero quest'anno perché hanno effetti in termini di cassa sul prossimo». Sul problema dei 23 miliardi di nuove clausole sul 2020 il tecnico viene messo con le spalle al muro «A un certo punto non avevamo spazio e abbiamo aumentato quelle clausole». Dunque l'anno prossimo o si tagliano ancora gli investimenti provocando stagnazione o si aumenteranno le tasse che hanno un effetto recessivo. Il tutto per pagare il reddito di cittadinanza e quota 100.

Per questo Tria s'è limitato a dire che il problema con Bruxelles «per ora, è risolto» e che «in futuro c'è il tema del debito e della crescita con cui si aggiusta l'economia». Ecco perché Tria s'è augurato che «le regole possano essere cambiate, perché credo che il Fiscal Compact sia sbagliato: sono regole rigide che non permettono di affrontare bene il ciclo economico» e vanno cambiate «nell'interesse sia della crescita sia della stabilità finanziaria e sociale».

Il ministro ha smentito le indiscrezioni su un'eventuale rinuncia all'incarico nei momenti di maggior contrasto con Lega e M5s. «Non c'è mai stata una lettera di dimissioni, neppure nella mia testa: un ministro dell'Economia non si dimette così, alla leggera, c'è un senso di responsabilità», affermato. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ha preannunciato altre difficoltà sul versante bancario relativamente a Mps.

«Il mio auspicio è che abbia risolto tutti i problemi; e se non sarà così, il governo dovrà farsene carico responsabilmente» ha dichiarato aggiungendo che «non si scappa davanti al problema del credito perché quando si parla di credito si parla di depositanti e di aziende».

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