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Le élite dell'America "liberal" e il sogno della grande spallata

Giornali scatenati e dubbi sulla salute mentale di Donald. Record di vendite del libro. Che ancora non è pubblicato

Le élite dell'America "liberal" e il sogno della grande spallata

Lo scrittore americano controcorrente Tom Wolfe l'aveva appena detto: Donald Trump è stato eletto da coloro che non ne potevano più del «politicamente corretto», dei «radical chic» e della «gauche caviar» (la sinistra al caviale) e adesso gli stanno presentando il conto. Si sentono già le martellate dei carpentieri che costruiscono il patibolo. Sta accadendo in queste ore con l'uscita di un libro di straordinaria potenza mediatica, di un giornalista di grande esperienza come Michael Wolff, intitolato «Fire and Fury: inside the Trump White House», fuoco e furia nella Casa Bianca.

Un titolo che riecheggia le parole usate via tweet da Trump per rispondere al dittatore nord coreano e ai suoi missili. Proprio i tweet di Trump a Kim Jong-un sono diventati un capo d'accusa ed è lampante la sintonia fra giornalisti e politici per creare l'impressione che l'inquilino della Casa Bianca sia matto da legare, come accadde da noi quando la nostra sinistra «radical chic» cercò di mettere il presidente della Repubblica Cossiga in un'ambulanza con una camicia di forza. Nelle conferenze stampa di White House cresce il numero dei giornalisti che chiedono alla portavoce Sarah Sanders con finto candore se i tweet di Trump non siano un segno di instabilità mentale. In particolare, quello del 2 gennaio con cui Trump ha risposto al dittatore coreano di disporre di un bottone nucleare «ben più potente e grosso» di quello di Kim Jong-un. I giornali delle élite di i sinistra lo hanno subito accusato di giocare «a chi ce l'ha più grosso», traducendo subito la domanda in termini psichiatrici: «È demenza senile o psicosi?».

Trump ha avuto l'ingenuità di chiudere il suo tweet con l'espressione «stay tuned», restate sintonizzati, come se guidasse un reality show anziché gli Stati Uniti. I giornali e i siti di sinistra lo accusano preparare un attacco nucleare contro la Corea del Nord dopo la fine dei giochi invernali nella Corea del Sud a febbraio come un diversivo, ma divampano gli aggettivi tradizionali della sinistra: rozzo, inappropriato, imbarazzante, inadatto, impulsivo, preoccupato soltanto del proprio vantaggio personale e della sua famiglia. Non ci ricorda qualcosa? In Italia un tal genere di campagna è stato scatenato contro tutti coloro che si sono messi di traverso alla sinistra: prima Craxi, poi Cossiga e infine Berlusconi.

L'autore di «Fuoco e furia» racconta con spavaldo candore di aver liberamente bivaccato nella Casa Bianca, di aver trovato sempre le porte aperte e la fiducia della cerchia del Presidente. Tanta imprudente confidenza da parte degli uomini del Presidente ha prodotto un libro che secondo lo stesso Wolff è «talmente letale da paralizzare Trump». Della grande manovra fa parte anche il vecchio amico Stephen Bannon che ha accusato di «tradimento» il figlio del Presidente per i contatti elettorali con i russi e al quale Trump ha risposto: «Quest'uomo non ha perso soltanto il posto ma anche l'equilibrio mentale».

«The Donald» combatte con parole accese e spesso guascone, ma il fronte radical chic risponde con una strategia sofisticata e ben orchestrata, con tutti gli strumenti della persuasione utili per minacciare la messa in stato d'accusa del presidente, causare la sua sconfitta alle elezioni di mezzo termine e la sua cacciata dalla Casa Bianca, come la stessa sinistra riuscì contro Richard Nixon. Ma Trump conosce le regole del gioco pesante che comunque lo vedrà in graticola per i prossimi mesi, quelli che decideranno del suo destino

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