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ll Pd inventa tre paletti suicidi soltanto per far fuori Renzi

Zingaretti (e Gentiloni) bloccano il taglio dei parlamentari. L'ira dei renziani: "Condizioni messe per farsi dire di no"

ll Pd inventa tre paletti suicidi soltanto per far fuori Renzi

Una giornata sulle montagne russe, durante la quale più volte i «trattativisti» del Pd (Renzi in primis) vedono balenare all'orizzonte quel triangolo delle Bermuda costituito da Salvini, Di Maio e la sponda del Nazareno. Un triangolo pronto ad inghiottire tutta l'operazione messa in moto dall'ex premier del Pd per fermare l'Opa elettorale della destra leghista.

Il Pd sale al Colle prima di Lega e M5s, in formazione articolata: il segretario Zingaretti, il presidente Gentiloni, i due capigruppo, il renziano Marcucci e l'ex renziano Delrio. Il colloquio si svolge sul filo di quello che era stato il mandato unanime della Direzione dem: disponibilità ad aprire il dialogo per un governo coi grillini, a partire da cinque punti (Europa, economia, immigrazione ecc.) sufficientemente vaghi da poter costituire una base di discussione.

Poi, però, dal Nazareno filtrano altre condizioni, messe giù come «inaggirabili», che hanno il sapore dell'altolà: abrogare il decreto Sicurezza su cui i M5s hanno appena votato la fiducia, stop al taglio del parlamentari, addirittura definire «subito» la manovra economica. «Sembrano fatte apposta per farsi dire di no, evidentemente al Nazareno si preferisce il voto», dicono dal fronte renziano. Ideatore della svolta che irrigidisce la trattativa, secondo loro, sarebbe Gentiloni.

Dal fronte zingarettiano, invece, l'interpretazione è diversa: nessuna differenza di posizioni tra segretario e presidente, che lavorano di perfetta intesa, si spiega. Ma una cosa deve essere compresa: «Se si fa questo governo, operazione quanto mai complessa, deve essere chiaro chi la guida: il segretario del Pd, non l'ex». La trattativa, si spiega, è avviata e può portare davvero alla costituzione di un governo: «Sono dieci giorni che ci lavoriamo, e da parte nostra non c'è intenzione di farla saltare». Ma Renzi deve mettersi in testa che «al volante c'è Zingaretti», non lui.

La «lettura autentica» di quella che, ieri, era apparsa come una brusca e improvvisa frenata sulla strada di un possibile accordo, è tutta in chiave interna: quei «paletti inaggirabili» sono rivolti a nuora (M5s) perché suocera (Renzi) intenda. E smetta di dare la linea, come ha fatto anche nelle ultime ore, mandando a dire a Zingaretti che è un errore iniziare una trattativa con dei no, come quelli a Conte e al taglio dei parlamentari: sul quale invece - ragionano in molti nel Pd - si potrebbe innestare una legge proporzionale capace di tagliare di oltre un centinaio di seggi un'eventuale vittoria leghista. I grillini ribattono mettendo in testa alla lista delle loro condizioni proprio il sì al taglio dei parlamentari, ma intanto chiedono un incontro ufficiale al Pd, eleggendolo ad interlocutore. «Si può iniziare a lavorare», fa sapere Zingaretti.

Al Nazareno si è in attesa di capire quale anima prevarrà nella guerra intestina ai Cinque stelle: se quella di un Di Maio in declino, che Salvini alletta promettendogli di fargli fare il premier stando fuori dal governo, o quella del corpaccione parlamentare che spera in un governo di legislatura col Pd per restare in pista. Di qui a martedì, limite dettato da Mattarella. «Di Maio ha troppe difficoltà interne per riaprire con la Lega, e Zingaretti non può più sfilarsi», ragiona uno dei più attivi pontieri.

Intanto si ragiona sui nomi, perché in settimana il Colle lo vorrà sapere: Franceschini (ma anche Renzi) mettono in pista la giudice costituzionale Cartabia, dal fronte zingarettiano c'è chi evoca l'ex Istat Giovannini, già ministro di Letta e ben visto da parte dei grillini.

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