Cronache

Tra lobbisti e interessi miliardari così le case automobilistiche finanziano il partito della Merkel

I colossi dell'auto foraggiavano la Cdu della Cancelliera, influenzando le scelte del governo

Tra lobbisti e interessi miliardari così le case automobilistiche finanziano il partito della Merkel

«L'industria automobilistica tedesca ha fatto del governo federale il suo più importante alleato: un capolavoro di lobbismo» scrive Die Welt (lo stesso quotidiano che ha accusato il governo Merkel di aver chiuso un occhio sulla truffa delle emissioni targata Volkswagen) in una inchiesta sulle cortesie reciproche tra colossi dell'auto e politica teutonica. Alleanza di ferro che passa anche dai generosi finanziamenti delle case automobilistiche (prima industria tedesca, 750mila posti di lavoro) ai partiti del Bundestag, in particolare la Cdu della cancelliera Merkel. Nel maggio 2015, si legge nel rendiconto del parlamento federale tedesco, alla Cdu sono arrivati 100mila euro da Daimler Ag di Stoccarda, il gruppo proprietario del marchio Mercedes, gigante del settore. Finanziamento che si ripete, peraltro, ogni anno. Mentre nel 2013, sotto elezioni, si è scoperto che la famiglia Quandt, proprietaria del 46% di Bmw, aveva donato 690mila euro al partito della Merkel, «la donazione più alta mai ricevuta da un partito a meno di un mese dal voto» accusò l'associazione LobbyControl . Se la Volkswagen non appare nelle liste dei «Große Spender» finanziatori della politica tedesca è per un semplice motivo: l'azienda di Wolfsburg è in parte pubblica. Il secondo azionista di Volkswagen, col 20%, è infatti il Land della Bassa Sassonia.

La capacità dell'industria automobilistica di influenzare le politiche governative è enorme. E spesso le porte tra aziende e partiti sono girevoli. Il capo della potente Vda (Verband der Automobilindustrie), l'associazione costruttori di automobili, si chiama Matthias Wissmann, e ha un passato eloquente: giovanissimo deputato della Cdu, poi ministro dei Trasporti nei governi Kohl, quindi ancora parlamentare Cdu durante il primo governo Merkel, nel 2007 lascia per diventare presidente della Vda. E far così fruttare la sua formidabile rete di contatti. «La lista dei desideri da inviare ad Angela Merkel - racconta Die Welt - viene completata a mano da Wissmann con la frase: “cara Angela...”». La Merkel, che il quotidiano conservatore arriva a definire «la lobbista più importante dell'industria automobilistica tedesca». Ma in ottima compagnia. Il capo dei lobbisti della Mercedes, Eckart von Klaeden, è stato tesoriere della Cdu fino al 2010, poi ministro della Cancelliera Merkel prima di diventare responsabile Public Policy di Daimler (Mercedes). Mentre l'ex capo di Volkswagen Martin Winterkorn (si è dimesso ieri, travolto dallo scandalo sulle emissioni truccate), ha assunto come capo delle relazioni politiche Thomas Steg, ex portavoce del governo federale di Grosse Koalition (ancora Merkel). Si stima che un centinaio di lobbisti tutelino gli interessi della Volkswagen in Europa e nel resto del mondo dov'è presente il marchio. E il lavoro non mancherà nei prossimi giorni.

Le relazioni a Berlino contano e danno ottimi frutti. Il governo tedesco, che a Bruxelles pesa più di tutti, quando c'è da difendere l'industria dell'auto tedesca non cede di un millimetro. Tra le decisioni politiche che più impattano sul business ci sono le normative sulla riduzione dei gas inquinanti. Ed è lì che la lobby dell'auto teutonica ha compiuto il capolavoro, grazie all'influenza del governo federale in Europa. Quando nel 2013 si discute a Bruxelles i nuovi parametri, i colossi dell'auto sono in fibrillazione. Una stretta sul numero di grammi permessi di Co2 per km avvantaggerebbe i produttori di utilitarie (come quelle italiane) e svantaggerebbe i tedeschi, padroni del settore grosse cilindrate. La missione è semplice: cambiare l'accordo raggiunto. Si mette in moto la lobby che arriva fino ad Angela Merkel e ai suoi ministri, che sbattono i pugni con i partner europei barattando parametri più laschi per i gas di scarico con fondi dal budget europeo (e «mettendo sotto ricatto paesi come il Portogallo, dove Volkswagen ha delle fabbriche» accusano i Verdi tedeschi). E il risultato viene raggiunto. Un asse indistruttibile.

Come le auto tedesche.

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