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L'occupazione è in aumento Ma è una mezza illusione

Disoccupazione ai minimi dal 2012, e il motivo è la riduzione del numero di persone in età lavorativa

L'occupazione è in aumento Ma è una mezza illusione

Mercato del lavoro «sostanzialmente stabile» in giugno, con il tasso di occupazione che cresce e la disoccupazione che cala. Nel giorno in cui l'Istat ha confermato i timori sul Pil (crescita zero nel secondo trimestre dell'anno) lo stesso istituto di statistica ha diffuso dati sul lavoro all'apparenza confortanti. «Dopo la crescita registrata nei primi mesi dell'anno, a giugno 2019 la stima degli occupati risulta sostanzialmente stabile rispetto al mese precedente; il tasso di occupazione sale al 59,2% (+0,1 punti percentuali)».

È il livello più alto dal 2004, da quando cioè l'Istat registra i dati del lavoro con questa metodologia. Record anche per il tasso di disoccupazione che si attestato al 9,7%, dal 9,8% di maggio. È il livello minimo dal 2012. Comunque lontano dalla media europea. Il tasso di disoccupazione dell'Eurozona è al 7,5%. Ma la tendenza è in linea con quello che sta succedendo nel resto del Vecchio Continente, dove i venti di crisi non si sono ancora tradotti in perdita di posti di lavoro e il mercato del lavoro dà ancora segnali di vitalità.

Ma in Italia c'è dell'altro. Una tendenza che si sta imponendo sui tradizionali indicatori del lavoro, ma che è in realtà dettata dalla demografia. A sottolinearlo, oltre ai sindacati, è stato l'esperto di relazioni industriali Francesco Seghezzi, presidente dell'associazione Adapt. «A giugno diminuiscono occupati, disoccupati e gli inattivi. In pratica si è contratta la forza lavoro (le persone tra i 15 e i 64), vedremo nei prossimi mesi le cause, nel frattempo teniamone conto nel leggere i dati. L'ipotesi principale è quella demografica». In sostanza, il numero assoluto degli occupati è calato di 6mila unità, mentre è aumentato il tasso di occupazione, che è il rapporto tra il numero di persone occupabili e quelle occupate. A calare è stato il denominatore, cioè la forza lavoro disponibile.

Difficile interpretare anche il dato sulla disoccupazione. In giugno i disoccupati sono diminuiti di 29 mila unità e il tasso è ormai stabilmente sotto il 10% (il dato di giugno è 9,7%). «Calo determinato da under 24 (-28mila) dove aumentano però dello stesso numero inattivi e 35-49enni (-15mila)», spiega Seghezzi. Già da qualche anno il tasso di disoccupazione sta calando, ma si tratta di un indicatore parziale, visto che include esclusivamente chi sta attivamente cercando lavoro ma non lo trova.

Per il resto nei dati Istat ci sono spunti positivi. Il tasso di occupazione è in progressivo aumento, anche se lontano dalla media europea. Segnali di tenuta dall'occupazione femminile. Il lieve calo degli occupati in giugno rispetto a maggio è il risultato di una crescita tra le donne (+15mila) e una diminuzione tra gli uomini (-21mila).

Su base annua (secondo trimestre 2019 rispetto allo stesso periodo del 2020) l'occupazione risulta in crescita (+0,5%, pari a +115 mila unità). Aumentano soprattutto gli ultracinquantenni (+292 mila) mentre risultano in calo le fasce di età centrali.

Il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio ha festeggiato la batteria di dati Istat sostenendo che l'occupazione «non è mai stata così alta dal 1977, cioè dall'anno in cui si fanno le statistiche in Italia sui posti di lavoro che aumentano».

Cauti i sindacati. Per Tania Sacchetti segretario confederale della Cgil «il calo della disoccupazione è condizionato dalla riduzione degli attivi e della forza lavoro. Infine, la compressione del tasso di disoccupazione giovanile va spiegata con la crescita dell'inattività tra le nuove generazioni». La dimostrazione che «il Reddito di cittadinanza non ha incentivato le assunzioni».

Quelli registrati dall'Istat sono «segnali oscillanti, osserva il segretario generale aggiunto della Cisl Luigi Sbarra. Per quanto riguarda i giovani «è aumentata la quota di giovani» che non studiano e non lavorano, «il tasso di occupazione femminile rimane da anni al penultimo posto in Europa». Un mercato del lavoro fermo.

In attesa che la crisi della produzione che sta colpendo i paesi manifatturieri, come l'Italia e la Germania, si faccia sentire anche sul mercato del lavoro.

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