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"L'Olanda investe di più in ricerca E molti cervelli italiani sono già là..."

L'amarezza del farmacologo: «Persa un'occasione enorme»

"L'Olanda investe  di più in ricerca E molti cervelli italiani sono già là..."

Milano Poco dopo le 18 mezza Italia si leva in un boato di «Nooooo». E tra questi c'è anche quello di Silvio Garattini, farmacologo di fama internazionale e fondatore di uno degli istituti di ricerca più importanti, il Mario Negri, a Milano. Garattini, la delusione generale è quella di una partita di campionato persa ai rigori.

«Peggio ancora. Almeno ai rigori un errore c'è sempre. In questo caso invece si tratta solo di sfortuna».

Spietatezza del metodo del sorteggio?

«Sì, ammetto che la delusione è davvero grande. Abbiamo perso un'occasione enorme, soprattutto per l'indotto che Ema avrebbe creato, calcolabile attorno ai 2 miliardi di euro».

Anche dal punto di vista scientifico abbiamo perso un'occasione?

«Decisamente. Se l'agenzia del farmaco fosse stata in Italia, sarebbe stato un enorme vantaggio per noi. Avremmo potuto avviare più collaborazioni, interazioni scientifiche, progetti. La situazione sarebbe cambiata».

Però Milano è arrivata in finalissima. Ai rigori, appunto.

«Ecco, diciamo che nella disgrazia è importante sapere che abbiamo avuto il 50% dell'Europa a favore. Mi rendo conto che ora suona come una magra consolazione ma significa che non abbiamo nulla da recriminarci».

Insomma, secondo lei l'Italia ha presentato un buon dossier?

«Ottimo. Anche se abbiamo perso, la nostra credibilità è salva. C'è stato un bel lavoro di gruppo, abbiamo puntato tutti nella stessa direzione e abbiamo presentato un progetto credibile. Mi rendo conto che il rammarico è grosso, ma non abbiamo tempo per essere pessimisti. Abbiamo bisogno di avere fiducia».

Cosa pensa dell'Ema ad Amsterdam?

«Quella di Amsterdam era una candidatura forte quanto la nostra. Conosco bene la situazione olandese, c'è un contesto scientifico buono e, ammetto, un interesse per la scienza più forte rispetto a quello italiano. Nel supporto alla ricerca sono più avanti».

In che senso più avanti?

«Investono più di noi nella ricerca e, in rapporto alla popolazione, hanno più ricercatori di noi. Tra l'altro ne hanno parecchi anche italiani. Ma non è certo il momento di fare rivendicazioni».

Da dove deve ripartire l'Italia?

«Senza dubbio dalla ricerca. È la sfida più grossa. Dobbiamo investire una percentuale del Pil più alta».

Ad esempio, quanto?

«Almeno dovremmo adeguarci ai parametri europei. In Europa la media della spesa per la ricerca è il 3,4% del Pil. In Italia invece siamo fermi al 1,3%».

Al di là dell'occasione di Ema, abbiamo un'altra opportunità importante: la cittadella della scienza nell'area di Expo.

«Dobbiamo concentrarci sul progetto Human Technopole e fare in modo che su quei terreni nasca davvero un'importante struttura dedicata alla ricerca».

Se fallisse quel progetto, non potremmo dare la colpa a nessun sorteggio sfortunato.

«Se quella rimanesse una cattedrale nel deserto sarebbe solo colpa nostra. Per questo è importante sostenere la ricerca ed essere in grado di tenere qui i nostri ricercatori. Non facciamoli scappare all'estero.

Dobbiamo essere in grado di attrarne di nuovi, ne abbiamo bisogno».

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